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giovedì 28 giugno 2012

Fermo immagine

La definizione che ho dato del mio piccolo Scuffi dell'ufficio ("monocromo di grafite"), quello che Ringhia non ha neanche notato, ha creato subbuglio. E ancor di più il fatto che a me piaccia così tanto, visto che chi mi conosce sa quanto io ami l'uso del colore, denso e luminoso (sono pur sempre veneta! Evidentemente è una tradizione che ho nel sangue). Ma c'è sempre l'eccezione che conferma la regola: questo Scuffi è pazzesco. A parte il fatto che piaceva tanto a lui (l'ha definito "il più bel quadro che abbia mai dipinto", e con queste premesse non lo puoi lasciare giù, è come avere sempre con te un pezzetto di Marcello), è veramente una perla: è tutto sui toni di grigio, ma non il classico grigio-azzurro delle sue marine - anche le ultime, quelle più marmoree. E' un grigio più scuro, più cupo, scende giù dal cielo e diventa montagna e poi mare; a destra si stacca un molo pietroso, quasi un muro di cemento intonso - di quelli che attirano le scritte metropolitane, ma questo è immacolato, e quindi ti incuriosisce, finchè scopri che c’è una sola pennellata azzurra finissima in orizzontale nel mare, quasi che il graffitaro abbia scelto di lasciare lì, sospeso nell’acqua anziché sul cemento, un segno del suo passaggio. In mezzo e sinistra due barche immobili, grigie anch’esse (su una delle quali spicca l'unica macchia gialla della vela mollemente adagiata), a completare il percorso dello sguardo in diagonale. Tutto questo con un colore solo, lavoratissimo: è diventato davvero bravo Marcello; questo ultimo ciclo è tecnicamente sommo. Guardo i due Scuffi del 2004 che ho a casa, ed il percorso di maturazione è evidente, nonostante il soggetto sia lo stesso, anche per me che sono una profana e di mestiere faccio altro.
Grigio tutto graffi, con sprazzi di luce bianca che spuntano da sotto, e che mi ha riportato alla mente proprio la sensazione della grafite alle elementari. Era una cosa da non fare, e difatti la facevamo sempre, di nascosto; si chiamavano "mine cadenti" ai miei tempi (un nome evocativo, come le stelle), quelle che nascono per essere infilate nude nei supporti: premevi il cappuccio superiore e da sotto usciva la ghiera aperta, come una zampetta artigliata, e catturava la mina, e anche le dita, a volte. Erano senza punta, che andava fatta manualmente usando l’apposito temperamine minuscolo, o meglio ancora la carta vetrata fine; scommetto che non esiste persona nata negli anni Sessanta che non abbia subito almeno una volta - da bambina - il fascino di grattare con la carta vetrata TUTTA la mina, vederla sparire tra le mani (una matita che non nascerà mai), e poi usare il mucchietto di grafite per creare fondi grigi con i polpastrelli, ombre sui disegni, o semplicemente per sporcarsi in modo impalpabile, con la mina diventata coda di cometa. Ecco, questo Scuffi mi evoca il fascino proibito delle mine cadenti. Per questo l'ho voluto in ufficio e non a casa, nel mio studio personale in fondo ai nostri spazi, quello dove non entri se non sei o un mio amico intimo o un Cliente che abbia almeno quattro-cinque Polizze. Quello in cui terminano i poster con il logo istituzionale della Compagnia e cominciano le riproduzioni dei quadri della mia vita (Chagall, Kandinsky, Klimt, Picasso) o delle statue greche. E campeggia quella foto stratosferica di Gregory Colbert che avevo trovato e voluto alla Mostra “Ashes and Snow” del 2002, negli spazi dell'Arsenale di Venezia, con il pachiderma dallo sguardo buono accovacciato davanti al bimbo vestito da monaco che gli legge chissà quali favole per elefanti da un libro. L'avevo presa senza avere alcun spazio per metterla, all'epoca, ma mi rappresentava talmente bene che sapevo che prima o poi le avrei dato un posto d'onore; infatti due anni dopo l'ufficio è diventato mio, e quando l'ho portata ad incorniciare mi hanno offerto una cifra inaudita per averla, ma ho risposto picche.
Adesso c'è anche questa Marina di Darsena, con a fianco una bustina trasparente, appesa al muro con una puntina bianca, che contiene la poesia "La bellezza" di Baudelaire; sono pur sempre quella che declama Montale davanti ai quadri! Perchè mi piace vedere come una cosa descriva l'altra, perfettamente: due strade diverse ma convergenti, entrambe arte pura.

Sono bella, o mortali, come un sogno pietrificato
ed i miei seni, a cui tutti vanno a turno a ferirsi,
sono fatti per ispirare al poeta un amore
silenzioso ed eterno come la materia.

Sfinge incompresa, troneggio nell’azzurro;
unisco un cuore gelido al candore dei cigni;
odio il movimento che scompone le linee
e mai piango e mai rido.

I poeti, dinanzi alle mie pose solenni
che sembrano imitare i più fieri monumenti,
consumeranno i loro giorni in studi severi;
perché ho, per attrarre questi docili amanti,
specchi puri che fanno ogni cosa più bella:
i miei occhi, i miei occhi luminosi d’eterno!

Ringhia ci è passata sotto come se non esistesse, ma io non mi offendo mica; come ho già detto, io seleziono, ed anzi mi fa piacere che gli innamorati di Scuffi non siano dappertutto, così ci si intende meglio. Ci vuole un'anima particolare,  che evidentemente non tutti hanno.
Anche Zelig la prima volta non ci ha fatto caso, però a sua discolpa devo dire che era molto attratto dalla riproduzione del "Bacio" di Klimt, continuava a fissarla, e io ero già tutta colpita/stupita/incuriosita da questa manifestazione di sensibilità quando mi ha detto: "Io questo l'ho già visto...". Prima che potessi dirgli "A Vienna, forse, al Museo del Belvedere" mi ha detto: "Sì, ecco dove, nell'Agenzia del tuo tal Collega!" (Sì, e a questo punto probabilmente come minimo in una cinquantina di altri posti!) "Ma allora... non era VERO". Ti dirò un segreto Zelig, è il mio è quello vero, ma non dirlo in giro, ho fatto parecchia fatica a trafugarlo fin qui ed a rimpicciolirlo un pochino (perché due metri per due era troppo ingombrante), e ancora adesso lavoro dieci ore al giorno solo per potermelo guardare meglio.

martedì 26 giugno 2012

Coerenza

Ritorno - corsi e ricorsi vichiani - a parlare di quanto io creda nella professionalità. In quell'insieme di norme morali, in quel sottinteso codice etico personale, nell'onestà, nell'impegno, tutte cose che mischiate ad una buona dose di studio e preparazione specifici fanno la differenza (qualunque sia il campo) tra un professionista serio e uno cialtrone, tra uno di cui fidarsi e uno da evitare. E ci ragiono sopra forse più per me stessa, per convincermene di nuovo e più profondamente, piuttosto che per farmi leggere da qualcuno; in questo caso è come un ritorno alle origini, quando questo blog era davvero il mio monologo solitario, e vedere scritte – non solo dette - alcune frasi equivaleva a prenderne coscienza.
Nel post “I miei primi quaranta giorni” accennavo al fatto che - dopo anni di mestiere assicurativo - l'istinto di sopravvivenza mi porta ad ignorare gli obiettivi di vendita che la mia Compagnia mandante mi dà ad ogni inizio d'anno. Ovviamente vendo, che discorsi, è la base del mio lavoro, ma sempre con la profonda convinzione che l'unico soggetto che ho l'obbligo di tutelare sia il Cliente (i suoi bisogni, i suoi rischi, i suoi soldi, le sue aspettative), non certo il Conto in Banca della mia Compagnia spendacciona. Se tra due prodotti assolutamente equivalenti per il Cliente (per copertura, prezzo, durata) ce n'è uno che la Compagnia gradisce di più - perchè è del listino nuovo, perchè ricade in un comparto che la fa più bella all'occhio dell'azionista, perchè remunera un po' meno me (solo un pochino però, non sono così masochista) - non ho problemi a far sottoscrivere cose più gradite alla Mandante. Ma mai mentendo o aggirando la tutela del Cliente. E poi alla fine va sempre tutto bene, gli obiettivi si raggiungono lo stesso, ma con un occhio in più alla consulenza rispetto alla vendita e basta.
Devo ammettere che la Compagnia non sbava per questo mio atteggiamento, anche se lo tollera per una serie di motivi, non ultimo il fatto che io sono una che seleziona parecchio, nella vita come sul lavoro. Non sono mai uscita con il primo che passava (non parliamo poi di ulteriori concessioni), tendo a circondarmi di poca gente perchè piuttosto che dover fare a tutti i costi conversazioni inutili, vuote e ridicole in altrettanto ridicoli e vuoti ambienti me ne sto a casa mia a leggere, mi sono comprata apposta un divano lungo quattro metri e mezzo. Non me ne frega niente di avere platee di ammiratori con l'intelligenza di un paracarro, ne preferisco tre, ma di quelli con cui poter parlare davvero. Sul lavoro sono altrettanto attenta, in Agenzia da me non si tira su di tutto - tanto per fare numeri; non mi interessano i Clienti fai-da-te che vanno e vengono, nè tanto meno quelli che assicurano tutta l'Azienda ma solo al patto che ogni anno, un sinistrino qui e uno lì, i premi pagati ritornino alla fonte. Io guardo in faccia ogni mio Cliente, e ripeto OGNUNO dei miei circa duemila Clienti, gli prometto serietà, e pretendo altrettanto. E dal momento che il guadagno di ogni Compagnia di assicurazione sta prosaicamente nella differenza tra i soldi che entrano e quelli che escono, va da sè che sulla mia Agenzia la Mandante ci guadagna abbastanza; mi posso anche permettere - ogni tanto - di assorbire senza traumi una di quelle stratosferiche grandinate che qua da noi ormai ogni anno pascolano tra i capannoni industriali a 200.000 Euro a botta (del resto siamo pur sempre assicuratori, i sinistri li dobbiamo pagare, anche se ultimamente sembra che alle Compagnie secchi tanto - in verità a tutte, senza distinzioni). Sono anni che il mio Combined Ratio (non spiego cos'è, perchè voglio che muoiano d'invidia solo quelli del settore, gli altri possono passare direttamente al paragrafo successivo), è stabile attorno al settanta per cento.
Certo, di tanto in tanto arriva l'Ispettore Commerciale a vedere come mai sei sottopiano (cioè hai venduto meno di quello che avresti dovuto vendere in quel momento dell'anno prendendo come riferimento il tuo obiettivo/Dicembre); queste figure hanno tutta la mia simpatia. Di solito sono dei baldi ragazzotti che parlano per slogan e/o frasi fatte, le indossano come un cappotto, se le cuciono sul collo a mo' di cravatta, ma io li capisco: sono giovani (perchè appena invecchiano col cavolo che continuano a fare gli Ispettori! Sempre se sono sopravvissuti e lavorano ancora per la stessa Compagnia, come minimo cercano di passare di livello - come in un videogioco - vale a dire diventano Responsabili di qualcosa, ed hanno sotto di loro tanti altri ragazzotti in cui rivedere il loro passato ed a cui chiedere numeri), ed il loro compito consiste - in successione - in a) prendersi le urlate del loro Responsabile affinchè vadano dagli Agenti a dire che è ora di muovere il c.... e vendere! e b) andare dagli Agenti e prendersi urlate perchè ci vengano i loro Responsabili a vendere, con questa crisi!
Insomma, bravi ragazzi il più delle volte, tra l'altro molto empatici perchè con un lavoro come questo o diventi empatico alla svelta o già alla prima sera sei morto (e probabilmente è l'unica volta in cui metti d'accordo l'Agente ed il Responsabile di qualcosa). L'empatia si crea a seconda delle persone: c'è il giovanissimo che fa il timidone, educato e gentile, così solletica l'istinto materno. C'è quello che sembra appena uscito da Zelig, e quando ci siamo conosciuti si è congedato dicendomi "Ricordati che il tuo obiettivo è il mio obiettivo"; l'ho detto alle Ragazze, perchè come frase ad effetto non era male, infatti la bionda (commercializzata sugli scaffali come Barbie Sarcastica) ha commentato che non immaginava che anche l'Ispettore lottasse contro il problema dei peli superflui. Però è veramente simpatico, Zelig, non deve essere facile alzarsi ogni mattina sapendo cosa l'attende. Perché il lavoro manuale è duro, ci mancherebbe, non voglio sminuire nessuno, ma anche lavorare otto-dieci ore a contatto con le persone non è uno scherzo. Soprattutto se non puoi permetterti di litigare, e devi sforzarti di mantenere rapporti amichevoli con tutti senza cadere nel sorriso finto.
Cosa c'entra lui con la mia professionalità: lui, niente. E' che vedendo che nè il bambino timidone, nè Zelig riuscivano a farmi vendere Polizze Vita Miste ai miei Clienti, l'altro giorno mi hanno mandato un'altra persona. Una Donna, cari signori, credo probabilmente l'unico Ispettore Donna che io abbia visto (tra gli Agenti siamo pochine pochine, ma tra gli Ispettori non sapevo nemmeno che ne avessero, forse la tengono nascosta in un cassetto e la tirano fuori solo per i momenti speciali, tipo per giocare ad Azzanna l'Agente dopo averla tenuta a stecchetto col cibo per qualche settimana).
Non sto qua ad annoiare troppo i miei aficionados con questioni tecniche, visto che non stiamo parlando di quadri e lì ci si diverte di più. Si è piazzata nel mio ufficio sotto alla Marina di Scuffi, quella dell’ultimo ciclo che sembra un meraviglioso monocromo di grafite, senza degnarla di uno sguardo. Mi ha fatto la solita lavata di testa sul fatto che non vendo tante Polizze Vita, ma io non mi sono agitata più di tanto perchè ha perfettamente ragione; in effetti, visto che sono Agente da sola e già lavoro dieci ore al giorno, devo operare delle scelte, e delle varie cose che la Compagnia vuole che faccia - visto che non è fisicamente possibile fare tutto - mi concentro NELL'ORDINE su:
a)      redditività (il discorsetto di prima, cioè "i premi incassati devono sempre superare i sinistri pagati") e gestione senza un capello fuori posto (vengono un anno sì e uno no i revisori della Compagnia a controllare conti bancari, fascicoli, firme, regolarità dei documenti, e ogni volta l'unico appunto che mi fanno è che in Agenzia fa troppo caldo o troppo freddo, a seconda della stagione)
b)      subito dopo, produzione Retail (semplificando, "famiglie", ma anche artigiani e piccoli commercianti) che ci riesce bene
c)      giusto un po’ sotto, produzione Corporate (semplificando, "grosse aziende") ma non sempre per colpa mia, è che difficilmente riesco a parlare con i pezzi grossi quando scoprono che non sono un uomo cinquantenne con valigetta e palmare
d)      fanalino di coda, la produzione Vita (non è che sia assente, ma decisamente meno del resto)
Che vadano a chiedere quello che io non faccio ad Agenzie dove ci sono due o più Agenti, così possono dividersi i compiti, oppure a gente con un'idea più "creativa" della redditività; in realtà vanno anche da quelli, poverini, senza pensare che tra di noi poi ci parliamo. Ad un mio Collega che è un mostro nella produzione Vita, non so come faccia, è bravissimo, hanno detto che l'unica cosa che conta è la redditività (dove lui, guarda caso, zoppica).
Alla fine del predicozzo però mi ha spiazzato, e guardate che è difficile, dopo tanti anni. E non tanto per il fatto che parlava ancora di “Progetti personalizzati per Lei e la Sua famiglia” nel 2012, roba che se lo dico ai miei Clienti mi buttano giù per le scale, è dagli anni Novanta che la gente ha smesso di credere alla favola del “progetto personalizzato”, per lo meno i Clienti miei - o sono molto più intelligenti degli altri o molto meno, devo capirlo in fretta. Quanto perché mi ha detto che io stavo sbagliando tutto (ehi, non è bello dirmi certe cose a casa mia...), che non avevo capito niente (neanche questo è tanto bello, a meno che tu non ti metta per conto tuo e mi dimostri quanto brava sei con la Partita IVA aperta, non con lo stipendio accreditato al 27 o al 10 di ogni mese...), e che per vendere Polizze Miste (aridaje, direbbero a Roma!) basta ascoltare il Cliente e fargli firmare quello che chiede. In questo momento storico tutti i media bombardano le persone, c'è terrorismo psicologico per la mancata futura pensione: approfittiamone! Se uno vuole metter giù 100 Euro al mese, perchè solo quelli ha, perchè se li toglie di bocca, facciamogli subito una bella Mista ventennale! Il fatto che - con ogni probabilità - non prenderà nemmeno i soldi che ha versato (se arriva alla fine, non parliamo poi se li rivuole prima...) non ha la minima importanza. Che problema c'è? C'è il problema che IO lo so. Io - Agente professionista serio - so che fare una Mista da 100 Euro al mese non va bene, perchè è come consigliare, ad esempio, di aprire un Conto Corrente in Banca a chi non lo muove, e ci lascia fermi là dei soldi: a fine anno verranno piano piano erosi dalle spese, si sa. Il Conto Corrente lo apri se ti serve, se i soldi entrano ed escono, se usi il Bancomat, se firmi assegni. Altrimenti mettili in un salvadanaio a casa, è meglio.
Faccio un esempio legato al lavoro che mio marito ha fatto con dedizione per trent'anni prima di arrendersi, e cioè l'idraulico. Un giorno una sua Cliente (che lo stimava molto ed era soddisfatta di come lavorava, perchè anche lui era un professionista serio, infatti non lo pagavano mai ma lo riempivano di complimenti) gli presenta un'amica che voleva far fare dei lavori importanti che interessavano l'impianto di riscaldamento in un appartamento in condominio; ma visto che questa signora non faceva di mestiere l'idraulico, e neanche al limite l'architetto o il geometra, non aveva la minima idea della portata della cosa ed insisteva per interventi che non stavano nè in cielo nè in terra, probabilmente solo per sentito dire. E poi era inverno, e non si può lavorare una settimana sull'impianto di riscaldamento, perchè significherebbe svuotarlo lasciando al freddo tutte le unità della tua colonna. Niente da fare, questa si impuntava che voleva fare a tutti i costi come voleva lei, anche perchè esiste una macchinetta che ghiaccia i tubi, strano che questo sprovveduto dell'idraulico non lo sappia. Certo, esiste il ghiacciatubi, ma serve per lavori brevissimi e momentanei, per un lavoro come il tuo mi servirebbero tre cisterne di azoto liquido, senza contare che poi diventa difficoltoso lavorarci sopra con i raccordi, genio. E' andata a finire che quel lavoro mio marito NON l'ha preso, perchè lui SAPEVA che non si poteva fare; ha lasciato che la signora chiamasse un altro (se poi l'abbia trovato o meno il dubbio ci resta, ma dormiamo sereni lo stesso). Ha scontentato la Cliente? Nell'immediato parrebbe di sì, ma ha comunque agito con correttezza. E non è detto che la signora, un domani, non si sarebbe arrabbiata lo stesso (se non altro per le liti con i condòmini lasciati al freddo, o per un lavoro raffazzonato, o per la spesa dell'azoto) dicendo "E' lei l'idraulico, me lo doveva dire!!". Perchè succede, eh, nella vita reale... Se un Cliente è scontento, anche su cose che ha voluto lui a tutti i costi, sempre a te verrà a dare la colpa, quanto meno pubblicamente, nel privato magari le mani se le morde ma non lo ammetterà mai.
Io lavoro così: vendo Polizze (tutte, non solo le Vita, a richiesta del Cliente, o su mia proposta) quando sono assolutamente convinta che vadano bene per chi ho davanti. Che lo tutelino, che lo proteggano, che non lo strozzino o non gli portino via soldi inutilmente. Spiegando come sono fatte, come funzionano, dove sono i vantaggi e dove sono i rischi. Perchè questo è il mio mestiere, sono un Agente professionista, non il galoppino di un'organizzazione di vendita, di quelli che ti fanno firmare trenta fogli per il Mercato Libero dell'Energia e poi - quando ti accorgi che stai spendendo il doppio di prima - scopri che hanno già cambiato lavoro da mesi. Una persona che riesce a mettere via 100 Euro al mese (che è MOLTO diverso da dire 1.200 Euro all'anno!), e che non sa se domani sarà in grado di continuare a darmeli, NON può firmare una Polizza Vita Mista. O meglio, che la firmi se la trova su internet e fa tutto da sola, senza leggere cosa l'aspetta e guardare bene tutte le condizioni; da me, no. Altrimenti qual è la differenza tra me persona pensante ed una postazione collegata ad Internet?
Con Ringhia io sono rimasta sulla mia posizione, cercando di mantenere un atteggiamento neutro, uno sguardo neutro, una postura neutra, un tono di voce neutro; non volevo sembrare "chiusa" perchè l'avrei resa ancora più aggressiva, ma nemmeno farle capire che mi stava provocando un travaso di bile perchè avrei probabilmente stimolato una certa arroganza. E ho ribadito che al mio Cliente benestante una Mista da 100 Euro al mese non serve assolutamente a niente, meglio al limite una Ricorrente da 1.000 o piuttosto altro ancora; il mio Cliente con famiglia che a stento destina 1.000 Euro all'anno - non al mese, perchè in un mese neanche li prende tutti insieme - per le coperture assicurative ha altro a cui pensare: la macchina, gli infortuni, la casa (leggersi bene il post "Assicurazioni imprescindibili", se le ho scritte vuol dire che ne sono convinta!). Poi c'è il Cliente che al limite era da Mista cinque anni fa, ma non certo adesso, con l'incertezza che c'è. Mano sul cuore io adesso vendo Vita solo se sono prodotti flessibili, e la chiamo onestà. Lei - ciliegina sulla torta - mi ha detto che evidentemente questa è una MIA priorità (e ci mancherebbe! Certo che lo è, altrimenti non dormo di notte), ma che le priorità della Compagnia sono altre. E visto che questo momento per noi è particolarmente turbolento (siamo sui giornali un giorno sì e uno no, con le facce allegre dell'allegra famiglia che ci ha portato nella fossa, l'altro giorno è venuto in ufficio un Cliente del Montenegro con Il Sole 24 Ore sotto il braccio a chiederci se doveva fidarsi: un operaio montenegrino! E aveva pure ragione a farsi venire il dubbio...), chissà un domani cosa succederà a chi non soddisfa le priorità della Mandante... Beh, io lo so cosa succederà: consegnerà le chiavi dell’ufficio, prenderà su la sua Marina di Scuffi, il suo rapporto S/P al 59% ed i suoi duemila Clienti, che grazie alla famosa priorità dell'onestà (e della competenza, e della serietà) la seguiranno senza dire bai, e andrà da un'altra parte. Cosa che - peraltro - spero non succeda, perchè io tutto sommato sto molto bene dove sono. E' solo questo giochino dell'Ispettore Mordace che non mi è piaciuto, ma forse era una candid camera. Non vedo l'ora di rivedere Zelig, con lui almeno si parla e anche - alla fine - ci si diverte, così si lavora meglio tutti e due.   

martedì 19 giugno 2012

Il collezionista riflette

Torno a parlare di Marcello e Lia, perchè quell'ultima divagazione sui miei dolori privati non era prevista, e in fondo la persona in questione nemmeno se la merita, da me avrà solo eterna indifferenza, senza alcuna emozione e senza alcuna umanità, a parte la speranza poco cristiana (chiedo perdono) che finisca sola e in miseria, o al limite sotto un tir – beh, ammetto che sull’indifferenza devo ancora lavorarci.
Di Marcello è bellissimo vedere come apprezzi i collezionisti. Lo so, a volte siamo un po' molesti, del resto noi siamo tanti e tu sei uno solo, caro Maestro. Gli ronziamo intorno come zanzare, o più poeticamente svolazziamo come tante farfalle (il mio nick è pur sempre "coccinella"...), ma lui non ci manda via, perchè Marcello è Pittore della Gente! Che buffa definizione mi è uscita, anche un po' paradossale visto che la gente nelle sue opere non c'è mai (solo un paio di quadri ho visto con esseri umani, e anche con gatti di spalle, grigi e con le orecchie attente), ma lui piace a tutti, e accetta tutti quelli che gli vogliono bene. Accetta e ricerca la Gente Comune, non vuole circondarsi solo di chi conta. Del resto, per quanto sia un sognatore toscano, un po' di praticità ce l'ha: siamo noi collezionisti che compriamo i quadri. Certo, le belle parole dei grandi nomi fanno sempre tanto piacere (ci mancherebbe! Forse fanno più piacere a noi che a lui, visto che ci rinfrancano nelle scelte e ci chiariscono tecnica e storia) ma se non hai chi ti compra i quadri non vai da nessuna parte.
Ricordo che mi aveva colpito moltissimo la chiusura del discorsetto fatto dal Professor Faccenda in occasione della Mostra al Bramante, una sorta di appello ad acquistare le opere di Scuffi adesso, perchè adesso assieme all'opera ti porti a casa l'emozione che ti dà; quando, in un domani "internazionale", dovessero rivalutarsi e costare molto e molto di più, ti comprerai l'investimento a scapito di qualcos'altro. In effetti è così, che strano. E' come con i nuovi ricchi, russi o cinesi che siano: comprano perchè possono, senza pensare a cosa e perchè. Il mio vicino ha comprato una villa sul lago? E io mi compro il lago. I russi si sono comprati l'intera Versilia, gli arabi mezza Sardegna, eppure sono certa che non ne godono neanche un pochino, diventa solo ostentazione del possesso. Ho letto inorridita su Panorama che l'ultimo grido tra i milionari modaioli è andare a cena, spendere il più possibile, per poi pubblicare scontrini over 100.000 Euro su Facebook. Per carità, ognuno dei suoi soldi fa ciò che vuole, ma che tristezza. Anch'io nel mio piccolo ho un aneddoto, perchè tra i miei Clienti - mediamente un target come me, gente normale, famiglie, qualche artigiano e qualche commerciante ma niente di stratosferico, del resto Dio li fa e poi li accoppia anche nel lavoro - giusto un paio di fuori categoria ce li ho. E un giorno questo benestante signore mi dice che la moglie vuole una specifica Polizza (che, a mio parere, non le serviva assolutamente a niente visti i rischi che correva pari a zero) perchè "tutte le sue amiche l'avevano". Ottima come motivazione per sottoscrivere un'assicurazione, egoisticamente magari lo facessero tutti, mi sgolerei molto meno... Mi sono immaginata questo enorme giardino all'inglese, con signore elegantissime tutte intente a sorseggiare il the delle cinque (o la vodka delle sette) che vogliono firmare, sparo a caso, una Contractor's All Risks o una R.C. Aeronautica solo perchè fa così chic. Così per l'arte, nomi che si impennano perchè c'è chi paga milioni per averli, anche se nessuno realmente desidera piazzarsi in casa strane bestie morte, lo fa solo per farsi vedere, perchè "ce l'hanno gli amici".
Scuffi invece piace davvero; a chi piace, ovviamente, mica dico che piaccia a tutti, non sarebbe nemmeno reale in tal caso. Ma quando è così, è per davvero, non lascia indifferenti. I Mario qualunque, i Gigi qualunque, gli Stefano qualunque, gente che si emoziona per il quadro e condivide l'emozione. E lui ci accoglie tutti, perchè i nostri risparmi sudatissimi valgono più dei milioni cinesi (magari non per Giuseppe Orler, che credo sarebbe felicissimo di accogliere a Favaro valanghe di ricconi russi col portafoglio aperto, ma per Marcello sono sicura di sì, del resto ancora una volta la pragmaticità del Veneto si incontra con la poesia della Toscana). Forse potrebbe essere un'idea per la "coda" di un catalogo: tutti noi collezionisti che diciamo perchè ci piace Scuffi, perchè compriamo Scuffi, in tre parole, mica dobbiamo intasare la casella di posta elettronica degli Orler o di Giovanni Faccenda. Gli Orler hanno di certo un database di tutti coloro che hanno acquistato le sue opere: si potrebbe fare una sorta di paginetta da distribuire, con scritto a stampa "Ho uno Scuffi perchè..." e poi uno spazio vuoto dove ognuno possa scrivere - a mano, che bello! tante scritture diverse per tante persone unite - due righe del proprio sentire. E le vorrei vedere pubblicate così, manoscritte, tutte insieme, una dietro l'altra, alla faccia di chi vuole per sè solo le voci più autorevoli e basta.
E alla faccia di chi paga per apparire, che nervi! Noi abbiamo a casa varie riviste d'arte, anzi ora che ci penso ce le giriamo tutte, perchè se io di mestiere faccio l'assicuratore, mio marito - oltre ad aiutarmi al lavoro ed in casa - sotto sotto di mestiere fa l'appassionato d'arte (o il telespettatore di Orler TV, a seconda), della serie di qua entrano i soldini e di là escono, ma va bene così. Ogni tanto mi fa tremare le vene e i polsi perchè tira fuori nomi nuovi, e ogni volta fa uno step verso l'alto, l'ultimo riguarda Armodio. Lui si è già buttato a capofitto, si è guardato tutta la produzione a partire da quella, surreale, degli anni Settanta, per finire con le ultime tavole metafisiche e lattiginose, tanto bianche, quasi lunari direi. Io sto volutamente con i piedi per terra, voglio attendere di vedere qualcosa dal vivo prima di esprimermi, magari come mio regalo di compleanno andiamo a vederci la Mostra di Palermo, che casca da quelle parti. E pare che anche Armodio sia bella persona come Scuffi, persona di quelle a cui affezionarsi, di quelle che amano e rispettano i propri collezionisti, non di quelle - giusto per capirsi - che se chiedi una dedica su un catalogo si girano dall'altra parte, e parlano di se stesse in terza persona singolare - pensando magari di copiare il Papa, che in teoria potrebbe usare il plurale maiestatis; con la terza singolare finisci per rilasciare dichiarazioni come un giocatore di calcio straniero ("Vucinic è contento perchè ha fatto gol").
Comunque, a proposito di apparire e di pagamenti, l'ultimo numero della rivista "Arte" dava in allegato un fascicoletto con i cento nomi italiani da comprare per il (presunto) miglior investimento; a parte quelli sopra i centomila Euro (ma chi ha centomila Euro da spendere così? Certo non chi compra riviste in edicola! E poi sai che sforzo consigliare Castellani o Boetti adesso... vent'anni fa me li dovevi consigliare!), di quelli della tacca da dieci o giù di lì ne avevo sentiti solo tre. Non c'era Scuffi, ma neanche Rabarama, Nunziante, Gastone Biggi o Gianfranco Meggiato, e sono tutti nomi in ascesa economica su cui non si può discutere: non parlo del fatto che piacciano o meno, parlo dell'insindacabile realtà dei loro listini. C'erano solo emeriti sconosciuti di quelli che non pitturano, non scolpiscono, non fanno un tubo che non sia scattare foto, girare video, appendere cose, e pagare per apparire su riviste, probabilmente. Ma io lo sostengo da un po', la rivista più seria resta "Arte In", del resto ha sede a Mestre, ci gioco in casa. La pubblicità a pagamento c’è, ma si vede bene, non sta dentro agli articoli. Anche loro fanno le classifiche, ma solo per divertimento, senza presunzione di insegnare niente a nessuno, e nemmeno sul serio, perchè ho inviato trecentocinquanta tagliandini per votare Giovanni Faccenda al primo posto tra i critici, e ancora non ce lo mettono... ve lo siete anche preso tra i collaboratori perchè è terribilmente in gamba pur sapendo restare umile, e poi vi vergognate a dargli - per una volta - la medaglia d'oro? Bischeri!

lunedì 18 giugno 2012

Attorno ad una cornice

Recentemente siamo andati a trovare Marcello e Lia Scuffi a casa loro, a Quarrata, e tutto è partito da una cornice.
Che i toscani siano tutti un  po' fissati con le cornici l'abbiamo capito l’anno passato, per una serie di episodi buffi culminati con la visita da una gentilissima signora di Firenze da cui ho acquistato un Kostabi su Ebay. Era lo scorso Marzo, io ero appena uscita dall'ospedale per il famoso intervento alle ovaie dispettose, e avevo voluto farmi un regalino giusto da mamma mancata. Mark Kostabi si compra benissimo su Ebay, mi spiace tanto per gli Orler e per tutti coloro che lo trattano, ma è un testone e quando un testone mette in piedi una vera e propria catena di montaggio per le opere d'arte - sfornandone in quantità industriali neanche fossero brioches calde alla mattina presto - va da sè che se ne trovano in giro anche di belle. Dico questo perchè sono perfettamente conscia che di altri nomi spesso ciò che gira su canali alternativi/Internet sono solo schifezze sovrumane, e costano metà per quello, non perchè le compri on-line o dal privato sconosciuto. Le opere di qualità vera che trovi su Internet ti costano comunque come in Galleria (ed è il caso di Scuffi, ad esempio, cosa che credo gli dia una gran bella soddisfazione). Io del resto vado a caccia di quadri belli, che mi trasmettano un'emozione, che mi parlino della bravura dell'artista: non mi interessa attaccarmi al muro la firma e basta, capirai, piuttosto mi compro belle scarpe o un tailleur di Armani che mi fa sembrare perfetta (le giacche di Armani sono miracoli veri e propri, si meritano davvero ogni Euro del cartellino).
Ho trovato questo bel Kostabi che mi piaceva, ma chi vendeva voleva assolutamente che il ritiro avvenisse brevi manu, così abbiamo preso due piccioni con una fava e siamo andati a vedere la prima edizione dell’Artexpo di Arezzo (bellissima, davvero tanta qualità ben selezionata) passando per Firenze a tirar su Mark Kostabi. La signora ci ha accolto in casa sua e - come spesso succede quando si incontrano persone con passioni comuni - ci ha mostrato la sua collezione di opere d'arte (del resto anch’io quando trovo qualche juventino nuovo sciorino sempre tutte le mie tessere JuveMember fin dalla prima, compresa la Tessera del Tifoso che mi sono fatta perchè mi conoscessero anche in questura; non ho comprato la Stella nel nuovo Stadio perchè costava quanto un acquerello di Scuffi, e se proprio devo scegliere tra la Vecchia Signora e Marcello ora come ora scelgo Marcello, al calcio ho già dato). Un Franz Borghese stratosferico, qualche Alinari, molte opere del Maestro Possenti, Squillantini, Kostabi, anche una natura morta di Scuffi ma del tipo che a me non piace tanto perchè troppo materica, e per me un "vero" Scuffi deve essere liscio liscio, non quella roba grumosa tipo purè di patate mal riuscito. Amo moltissimo la matericità, ma di altri (Pedretti e Giannoni ad esempio, o Riopelle e l'ultimo Mathieu, se vogliamo nominare due per me fuori budget, o ancora Xavier Bueno, il mio sogno proibito da collezionista, opere in cui materia e poesia pura si fondono). Lei parlava e noi sorridevamo, perchè in mezzo a tutte quelle cose da lustrarsi gli occhi ciò che continuava a sottolineare erano le cornici dei quadri, non i quadri stessi. Faceva nomi di artigiani fiorentini della cornice, artisti veri anche loro, parlava di mercatini in cui lei va a caccia di cornici particolari, per poi abbinarle ai vari quadri. Noi veneti siamo pragmatici - pensavo - guardiamo ciò che sta dentro alla cornice; se mi arriva un regalo guardo al contenuto, mica al pacchettino. Ma mi sbagliavo, oh se mi sbagliavo!
In questo ultimo anno che - se mi volto indietro - sembra essere stato infinito abbiamo avuto modo di cambiare idea: hanno ragione loro, quei matti sognatori dei toscani. Abbiamo visto quadri cambiare luce, cambiare faccia, cambiare vita solo grazie alla cornice giusta. Iniziare a respirare, perchè prima troppo soffocati, oppure - al contrario - dispersi. E poi con la cornice giusta si notano anche un sacco di particolari in più. Ma io l'ho già detto, non mi vergogno mica di imparare ammettendo i miei errori, anzi, sono sempre alla ricerca di qualcuno che mi insegni ad apprezzare cose nuove. Il giorno in cui credi di essere arrivato, ti fissi di essere ormai a posto cominci a morire, se non altro perchè diventi insopportabile.
Abbiamo trovato i “nostri” treni di Scuffi mercanteggiando un po', e lasciando giù una cornice orribile. Anche questa dei treni è cosa da ricordare, e mi fa venire in mente parole che mi aveva detto Riccardino Sandonà circa le opere che "perdi" (perchè non è il  momento, perchè non hai soldi, perchè sei arrivato tardi, e chi più ne ha più ne metta): tu sei lì che fai la scafa e non sai che, se è destino, l'opera che volevi ti torna comunque. Prima o poi. Perchè se è tua è tua, è scritto. Io avevo già visto questi treni - proprio questi, proprio loro - in un'asta, mesi fa. Treni di notte, addormentati con la luna sopra, tutti azzurro-verdi, con tanti graffi sotto che sembrano fatti da Hans Hartung in persona. E poi della misura giusta, nè troppo piccoli (che ti soffocano) nè troppo grandi (che ti perdono). Ma costavano, e io ero a secco. Me li sono ritrovati in mano esattamente a metà soldi da uno che in quell'asta pensava di fare l'affare senza aver capito che razza di crisi c'è in giro, forse credeva che fosse facile giocare al mercante, e si è trovato a dover pagare le bollette ma in Posta volevano Euro, non treni. Però si è tenuto la cornice, tanto noi ne volevamo una uguale a quella del nostro circo, visto che devono stare vicini; il problema è che qui non c'è nessuno che le fa così. Allora abbiamo chiesto a Marcello e Lia se potevano indicarci qualcuno dalle loro parti che ce la facesse uguale: lui ne aveva una proprio di quella misura, e ci ha invitato ad andarcela a prendere.
E' andata a finire che ci siamo ritrovati a casa Scuffi senza neanche renderci bene conto di cos'era successo. Io ribadisco quanto ho già scritto nel post su Marcello Scuffi: sono persone meravigliose. Ci hanno accolto da amici, ci hanno riempito di regali (sopra alla cornice). Senza contare il fatto che per me il regalo più grande è stato permettermi l'accesso ai SUOI luoghi, vedere le boccette con i pigmenti, le tele bianche e vuote in attesa - sole e uguali, in piedi in un angolo, che si tenevano per mano tra loro - mi sono sembrate così poetiche, forse più di quelle finite perchè ognuna di loro è destinata ad accogliere un soggetto diverso, ma quale ancora non lo sa. Lo studio dove il Maestro dipinge ha la volta a capriata, sembra una chiesetta di montagna, e io entrando – sarà stata l’emozione del vivere quell’esperienza o il fatto che ero tutta presa dalla sacralità del luogo – istintivamente ho fatto partire il segno della croce! Per fortuna me ne sono resa conto, e ho dissimulato subito con una sorta di ritocco alla frangetta, altrimenti facevo anche la figura della rimbambita. Però qualcosa di sacro si avverte: il vecchio acquaio, il piano di lavoro con tutti i colori spremuti, il bicchierone dei pennelli, il cavalletto, tutti i libri e quell'odore aleggiante di fresco misto a sigaro misto ad alberi.
Marcello Scuffi è una persona che dà, che dona, che SI dona nella sua interezza, e con questo ti conquista, perchè capisci che con lui e Lia ti puoi fermare, tranquillizzare, respirare piano, ridere, senza essere ferito da qualcosa - la parola sbagliata, l'atteggiamento sbagliato. Anche io sarei così, tendenzialmente: mi piace donare, mi piace dare, mi piace pensare a cosa può far piacere alle persone a cui voglio bene. E' evidente che mi piace anche ricevere (credo sia, questo, un piacere ancestrale, che ci tiriamo dietro da quando siamo bambini che aprono i regali rompendo tutta la carta invece di tagliarla sui bordi come fanno gli adulti), ma dare ha un sapore diverso, soprattutto se vai a cercare un regalo chissà dove, cucendolo su misura per la persona che lo riceverà. Un regalo come un pensiero; mi piace dare - di me stessa - quello che non si compra: tempo, attenzione, occhi, sorrisi, coerenza, presenza, anche spalle - se servono. Per mia fortuna mio marito è esattamente come me, altrimenti sai che male. Se uno così si innamora di uno che così non è finisce prosciugato, e non parlo di soldi: parlo di energia, di attenzioni, di piccole realtà. Tu dai e basta, l'altro prende e basta, e dopo un po' tu sei morto, e l'altro si scrolla e passa al prosciugamento successivo; non per nulla - come sa chi ha letto tutti i miei post precedenti - il mio più grande cemento sul cuore l'ho messo con “Let Me Live” dei Queen ("...all I do is give, and all you do is take...").
Trovo bellissima e molto illuminante la favoletta cinese che racconta la visione del Paradiso e dell'Inferno: sono uguali in realtà, con due tavolate lunghe e strette imbandite di riso (del resto è favola cinese), tanto riso, anche all'Inferno, perchè non è che manchi da mangiare lì, è la gente che non riesce a cibarsene. Perchè l'unica regoletta da favoletta cinese è che il riso va mangiato con bacchette lunghissime, e chi è all'inferno pensa solo per sè, per la sua pancia, e così facendo caccia la bacchetta nell'occhio di quello che gli siede di fronte (la tavola è stretta stretta, per l'appunto), il quale si incazza, e a sua volta gli ficca negli occhi la propria. Tanto cibo, ma per nulla: tutti litigano, nessuno mangia. In Paradiso invece ognuno pensa per quello di fronte, imboccandolo con le medesime lunghissime e fastidiose bacchette, e ricevendo a sua volta riso in abbondanza da lui. L'ho sempre trovata esemplare, ma non solo per descrivere l'aldilà (che mi immagino - sperando - un po' più esteso di un refettorio, e almeno con la pizza al posto del riso...), quanto proprio per questa vita di qua. Io a casa sto bene, perchè divido la mia vita con una persona uguale a me; fuori è più un problema, perchè a forza di prendere bacchettate negli occhi finisce che ti chiudi, e non dai fiducia più a nessuno, diventa una questione di sopravvivenza dell'anima. Sono passati ormai sei mesi, e finalmente riesco a star bene dopo la fine di un'amicizia che ho scoperto infinitamente tardi essere a senso unico. Finalmente posso parlarne, e scriverne anche. Perchè se tu mi telefoni praticamente ogni giorno e condividiamo libri, film, arte, lavoro, pensieri, vita; se per una cena - una semplice cena, ma passata a parlare con te - mi macino trecento chilometri avanti e trecento indietro; se per vedere lo stupore nei tuoi occhi faccio arrivare dall'altra parte del mondo cose che in Italia sono introvabili; se ci sono sempre quando hai bisogno di sfogarti (anche quando non dovrei esserci io, lì con te); se tutto questo dura da sei anni – anni da adulti, non anni da adolescenti, di quelli che volano via - e il reciproco "ti voglio bene" viene facile e bello, NON PUOI una sera dire dal nulla che avevo capito male. O che ho frainteso, mica sei Berlusconi. Dimmi piuttosto che prima ti servivo e adesso non ti servo più, fai più bella figura - se non per altro l'onestà, e poi io diventerò un riccio affinchè nessuno possa avvicinarsi più di tanto, e farmi stare male. Terrò fuori solo gli aculei fino a quando non conoscerò gente come Marcello e Lia Scuffi, e i loro galleristi, e i loro studiosi ed esegeti, e capirò che vale ancora la pena di dare, perchè loro danno per primi. Senza chiedere.

mercoledì 13 giugno 2012

Regole - Tre, e poi basta

Mi è successa una cosa pazzesca, tanto per chiudere il discorso sulle regole. Regole che, prima di ogni altra cosa, nascono e devono essere rigorosamente uguali per tutti, altrimenti anche io che sono una dura e pura e sono venuta su a regole e sberle dico che - quasi quasi - mi metto ad infrangerle volontariamente. Anche quelle più serie dell'andare a settanta all'ora dove c’è limite a cinquanta.
Sono andata in Banca perchè mi servivano dei soldi: soldi miei, tutti dichiarati, tutti trasparenti, anche perchè altrimenti col cavolo che uno li mette in Banca (li tiene a casa nelle scatole delle scarpe suddivisi per taglio, e magari ha la domestica che ne trova ancora in Lire dopo anni dall'entrata in vigore dell'Euro, come è capitato a qualcuno che me l'ha raccontato...). Poichè erano poco più di 2.500 Euro - POCO, ma sempre più di 2.500, e con la matematica non si può scherzare - la gentile signorina mi ha ricordato che dovevo attendermi una Raccomandata dall'Agenzia delle Entrate con la richiesta di conoscerne la destinazione. Mi sono stupita anzichenò. Già è un bel caos l'obbligo di non pagare in contanti nulla che superi i mille Euro, cifra abbastanza irrisoria oggigiorno; in ufficio dobbiamo avere tanta pazienza perchè non è così infrequente che Polizze prevedano premi superiori, e non tutti se lo ricordano, o usano gli assegni, o fanno bonifici. E io non ho nessuna intenzione di mettermi il POS, perchè le commissioni sono alte e sull'intero importo (tasse comprese), oltre al tot per ogni operazione che mi va nell'Estratto Conto, mentre le mie provvigioni sono quello che sono e vanno sull'importo imponibile. Se uno mi paga una RCA con Carta di Credito (dico RCA perchè tra imposte propriamente dette e S.S.N. la parte di "tassa" sfiora il 30%, anche se pochi ci riflettono sopra) la Banca si trattiene come commissione quasi UN TERZO delle mie provvigioni! No, grazie.
Adesso c'è questa novità della tracciabilità dei movimenti, che arriva a sfiorare il ridicolo: mi servono i miei soldi. Per cosa? Cavoli miei. Devo comprare una cosa da un privato, ma vuole solo contanti perchè non ha un conto dove cambiarsi assegni. Voglio farmi un weekend all'estero con gli amici senza che la morosa lo sappia. Oppure, nel caso della morosa, voglio una serata con tre gigolo scatenati, alla faccia del tuo weekend. Mi raccontano che arriva la Raccomandata anche dopo che ti sposi: devi rendicontare tutte le spese, quanto hai dato, a chi e per cosa. Voglio credere che sia una leggenda metropolitana, perchè è un'informazione che mi arriva riportata non dalla persona direttamente interessata, ma pare che i novelli sposi siano anche obbligati a scrivere tutti i regali ricevuti, e da chi! La nonna ti ha fatto la cornice d'argento? Mmmm, roba da soldi, le mandiamo subito un bel controllino. Hai ricevuto il servizio per il pesce? Allora sei ricco, guarda come sei abituato a mangiare bene, giù tasse. Mangia pizza margherita la prossima volta.
Ma non è stata questa la cosa pazzesca, questa è solo ridicola. Il pazzesco viene dal fatto che ok, è una regola, fatta - voglio sperare - per il bene del Paese, proviamoci tutti, sforziamoci di dare credito a questa e ad altre pensate governative per un bene comune. Diamo tempo al tempo. Regole uguali per tutti, però. Le famose nuove inchieste SKY (quelle che non riesco mai a guardare fino in fondo, come ho scritto già su “Maalox”) mostrano un nostro Parlamentare, un nostro rappresentante (quindi persona con titolo, non un pazzo qualunque che passa di lì per caso per essere ripreso dalla videocamera), che vuole sapere quanto prende di stipendio il Presidente della Camera. La cifra finale, tutto compreso. E nessuno lo sa, nessuno glielo dice. Troppo complicato, impossibile da sapere. Altrettanto impossibile è – pare - sapere l'utilizzo fatto dei miliardi di Euro dati ai partiti sotto forma dell'odioso finanziamento negli ultimi anni, alla faccia trasparente del servizio per il pesce (pare anche che d’ora in avanti non sarà più così, ma di quello che è stato non sarà mai dato a sapere alcunchè). Commissioni intere create per capire dove vanno a finire fiumi vari di denaro - denaro nostro!!! - che non cavano un ragno dal buco. Non sopporto i ragni. Così non mi sta bene. Non ti sto chiedendo di prelevare tre milioni di Euro da un conto dove di media ne gravitano tremila l'anno, e - fatalità – ci è appena arrivato un accredito di qualche milione dalle Isole Cayman; se qualcuno si trovasse mai in questa situazione sarebbe giusto fargli qualche domanda, se non altro per verificare il livello di stupidità. Vada anche per il "controllo matrimoniale" se hai fatto una festa faraonica e sei in cassa integrazione, anche se in fondo magari è una vita che ti privi di tutto per avere il matrimonio faraonico se è quello che vuoi e che ti fa star  bene, ed alla Finanza non gliene deve fregare niente. Ma quando è troppo è troppo; regole chiare, regole fatte bene, e soprattutto regole che valgano per tutti. O non ci sto più.    

martedì 12 giugno 2012

Regole - Due

Mi dà molto fastidio quell’atteggiamento un po’ anarchico di chi pretende che tutti rispettino le regole tranne lui stesso. Quando ci sono disordini di piazza con ragazzi incavolatissimi che spaccano tutto perché questa società non sta loro bene, vorrei tanto vederli nel concreto di una giornata, se per caso rispondono male al cameriere che porta l’acqua con le bolle anzichè senza bolle (il cameriere del ristorante umile lavoratore, o il cameriere di papà, visto che non sempre sono figli di disperati). O se si lamentano dell’impiegato dell’anagrafe che va lento. Oppure tra dieci anni, quanto saranno con ogni probabilità dei collettini bianchi con villetta, SUV, moglie strafiga e cane magro, rampanti dirigenti (grazie al cameriere di papà) in quella stessa Banca di cui hanno spaccato le vetrine.
Atteggiamento – comunque - che mi dà ancor più fastidio quando viene da gente che per mestiere deve farle rispettare, quelle regole, come chiunque porti una divisa. Discussione di dieci giorni fa: mi chiama una bella signora nostra assicurata perché vuole disdettare la Polizza Auto, ha trovato meno (non mi soffermo su quanto meno o con quali garanzie, tutte cose che ovviamente lei non sapeva, altrimenti è sempre la solita solfa su cui ho postato già varie volte). Io le faccio notare che la sua Polizza scade tra due giorni come sta scritto sull'avviso che le ho mandato già da tre settimane e che lei tiene in mano, e visto che il premio è calato non si potrebbe disdettare, perché ci vogliono almeno quindici giorni di preavviso (non chiedo tanto, magari un faxetto giusto per evitare di correrti dietro per mezzo mondo perché ho paura che tu mi vada in giro senza copertura). La disdetta senza preavviso si può dare solo quando il premio sale oltre al tasso programmato di inflazione, quindi non in questo caso; anzi, visto che qui abbiamo avuto anche l’aumento pieno dell’imposta provinciale, se il premio cala in realtà ti calerebbe ancora di più, perché solo l’imposta è salita del 3,50%. A proposito! Apro una parentesi, già che sto parlando di regole. Geniale questa pensata di rendere provinciale l’imposta sulla RCA, che è una garanzia obbligatoria per legge, per tutti. Ogni Provincia fa quello che vuole, qui da noi Venezia e Treviso non se lo sono fatte ripetere due volte (zac! subito il massimo aumento concesso dal primo giorno utile), mentre invece Padova non ha ancora modificato niente (in più o in meno. Eh, sì, perché si potrebbe anche in meno, ma pare che solo Province d’altri mondi come Aosta e Bolzano lo sappiano). Chi glielo spiega al mio Cliente semplice - che vive in un Comune sotto Venezia ma confinante muro a muro con altro Comune sotto Padova – che lui deve pagare il 3,50% in più del suo vicino solo per burocrazia? Almeno sulla RCA obbligatoria regole uguali per tutti!
Torno alla bella signora smemorata, alla quale tra l’altro io avevo detto “non si potrebbe” e non “non si può” non tanto per far vedere che - oltre a quella strana bestia dimenticata da tutti che è il congiuntivo - io so anche il condizionale cos'è, quanto perché una soluzione poi la troviamo sempre, se vogliamo. Non mi rovino la reputazione per una Polizza da 400 Euro, dove il mio guadagno lordo è l’equivalente di due pizze (al netto di tasse una pizza sola), però voglio vedere se anche tu hai buona volontà o se ti impunti, prima di venirti incontro. Ebbene, la bella signora ha fatto passare in ufficio il marito (“perché, sa, ha fatto tutto lui”), il quale si è presentato minacciosissimo e in divisa! Dicendo che a lui non importava niente del preavviso di scadenza, che voleva cambiare Compagnia e l’avrebbe cambiata comunque, si trattava dei suoi soldi. E che le Compagnie telefoniche il preavviso non lo chiedono (certo, perché le loro Polizze non prevedono il rinnovo tacito mentre le nostre sì, basta leggere, visto che fai tanto il saputello). Io di fronte a certa gente sospiro e taccio, perché oltre alla reputazione spesso non voglio rovinarmi nemmeno l’umore con inutili travasi di bile. E poi non voglio che sembri una presa di posizione contro le forze dell’ordine, che tendenzialmente io ammiro e di cui mi fido, quando è evidente che gli zucconi ci sono lì come in qualunque altra categoria. Però mi piacerebbe suggerire allo spacciatore di droga di rispondere al signore in divisa che l’arresta che a lui non importa niente delle regole e delle Leggi, vuole spacciare e lo farà comunque, si tratta dei suoi soldi. Qualcuno dovrà pur incominciare a rispettarle, le regole, prima o poi. Non è che le regole grandi abbiano più peso di quelle piccole. O lasciamo questa incombenza solo agli “altri”, dimenticando che la società è fatta di tanti “altri” messi insieme che formano un “noi”?

Regole - Uno

Nel post "Generazione di fenomeni" ho accennato - mentre parlavo di Alex con gli occhi tondi ed il rotolo in mano - al fatto che sono iscritta ad un panel di consumatori. Forse anche due, ora che ci penso, solo che uno mi manda un questionario alla settimana e l'altro uno ogni due mesi, e quasi non lo conto. Sono brevi interviste on-line su vari argomenti, per segmentare il consumatore-tipo di un dato prodotto o servizio, e vedere cosa piace, testare nuove cose. La trovo un'idea interessante di base, sicuramente mi piacerebbe vedere i risultati di quelli sulle assicurazioni, posto che io - per quelli - non vengo mai scelta, perchè la prima domanda esclude gli operatori del settore. Giustamente: io sono un po' di parte, è ovvio che darei il massimo dei voti alla trasparenza, alla correttezza, all'onestà e anche alla simpatia ed all'ironia del mio assicuratore, che poi sarei sempre io. Vengo puntualmente scartata anche per tutti quelli sui bambini, sugli animali domestici ed – ovviamente - sui divertimenti notturni (roba che si mangia?), mentre mi faccio sempre gli argomenti motori & automobili, per esempio, di cui sono un'appassionata, se non altro per mercato e design. Ti danno una griglia di massimo sei righe e ti chiedono quali marche di automobili ti vengono in mente così, d’istinto, senza usare Internet o riviste: Alfa Romeo, Aston Martin, Audi, Bentley, BMW, Chevrolet, Citroen, Dacia, Daihatsu, Ferrari, Fiat, Ford, Honda, Hyundai, Jaguar, Jeep, Kia, Lamborghini, Lancia, Land Rover, Lexus, Maserati, Mazda, Mercedes-Benz, Mini, Mitsubishi, Nissan, Opel, Peugeot, Porsche, Renault, Rolls-Royce, SAAB, Seat, Skoda, Smart, Subaru, Suzuki, Toyota, Volkswagen, Volvo. Quarantuno, tiè. Te li ho messi anche in ordine alfabetico. Io subisco prepotentemente il fascino di una bella automobile (ma mai di chi la possiede, tengo a precisare, non vorrei venir fraintesa), è come veder passare una donna spudoratamente bella, di quelle che nella vita reale sembrano non esistere: anche se sei donna anche tu, ti giri comunque per contemplare in muta ammirazione. Non serve mica sbavare, o fare commenti osceni; quando vedo passare una Maserati Granturismo sento un tuffo al cuore, come davanti agli orologi molli di Dalì. Cose che sai non possiederai mai, ma esistono per il piacere di essere guardate. E poi il rumore del motore aiuta, io ho un vicino che ha in garage una Corvette e quando la accende per portarla a spasso la senti fin dall’ultimo piano, è una scintilla che scocca, un borbottio che cresce e ti chiama (la Corvette non mi fa impazzire come linea, ma ha una voce da brivido, ti seduce dal basso).
Altri sondaggi tutti miei sono quelli su viaggi & vacanze, ma solo perchè io vado in ferie in Istria - che è pur sempre estero, anche se ci metto meno che non ad arrivare a Firenze, così sembra che io sia una da Polinesia tutti gli anni. Ricordo che ne avevo fatto uno carino che mirava a sviluppare il turismo in Irlanda, terra che non mi attira particolarmente; ci ha fatto il (primo) viaggio di nozze mio fratello, ed ho ancora negli occhi il filmino: lunghe ore di infinito verde, pioggia continua , ululati di vento, pecore e sassi sparsi con questi due poverini sempre in K-Way con intirizzite facce da freddo. Infatti la seconda moglie l'ha portata in Australia un mese, del resto lei è toscana, sa come prenderlo per il verso giusto (a quanto pare è cosa comune dei veneti amare incondizionatamente la Toscana e chi ci nasce). Comunque il panel ti mostrava varie situazioni: ti perdi nella campagna, sei felice? Bevi tanta birra, sei felice? E io giù a rispondere no, no, no. Alla fine la domanda clou: Hai cambiato idea sull'Irlanda? Ti abbiamo invogliato a pianificare un viaggio in Irlanda? No, no, no. Poverini.
Questi sondaggi terminano in genere tutti con una serie di domandine tese a vedere che tipo sei, per inquadrarti meglio come persona al di là dell'età/sesso/professione e del fatto che non hai come massima aspirazione estiva che ti si rompa la macchina in mezzo alla campagna irlandese. Per esempio chiedono se ti senti schiacciato dall'attuale mole di informazioni disponibile su Internet, o se invece ne sei felice e ne gradiresti ancora di più. Oppure - e questa è quella che mi incuriosisce ogni volta - se per te le regole sono fatte per essere rispettate o per essere infrante. A parte il fatto che io ovviamente rispondo sempre in modo veritiero (che senso avrebbe altrimenti? Mica si vince qualcosa! Se lo faccio è per dare risposte vere, altrimenti tanto vale che non lo faccia, o quanto meno vada in vacanza in Donegal) e quindi le risposte a domande così pragmaticamente precise dovrebbero essere sempre le stesse, ho sempre trovato la domanda sulle regole particolare, buffa, ed un po' inquietante. Che senso ha? Le regole sono regole, lo dice la parola stessa, è evidente che sono fatte per essere rispettate. Dai dieci comandamenti al codice della strada, al codice civile e penale. Sono i cattivi che infrangono le regole, infatti prendono multe, vanno in prigione, o all'inferno in ultima battuta. Questo è quello che penso io, che sono cresciuta rispettando regole, che vivo rispettando regole, e che se le infrango - a volte lo faccio (i limiti di velocità ad esempio) - lo faccio sapendo che non andrebbe bene e può arrivare una punizione, non certo per il gusto di infrangerle. Anzi, ho sempre paura che mi becchino. Ma mi inquieta la domanda, perchè se la fanno vuol dire che esiste gente che vive la "regola" come qualcosa fatta per essere abbattuta, per definizione, ed è una cosa che mi spaventa a livello sociale. Non ha lo stesso peso della domanda sul mare di informazioni, ad esempio, perchè da quello posso sentirmi sommersa o meno anche a seconda del periodo che sto vivendo, del mio stato d'animo, o delle coincidenze di fatti accaduti che intasano i siti di attualità. Invece le regole servono per dare un binario al vivere civile, minimo e massimo: da non buttare le carte per terra a non violentare la donna di cui hai voglia se lei non ce l'ha. Da fare la coda in banca senza passare avanti a nessuno a non farci rapine, in banca. Da non tenere il volume dello stereo a manetta all'una di notte a non ammazzare la gente. Cose che NON SI FANNO perchè siamo gente civile. Invece evidentemente non è così per tutti, e a pensarci bene ho avuto esempi anche tra gente a me vicina. Non parlo di rapine o omicidi, ovvio. Però per esempio ho un'amica che fa il suo orario di lavoro con precisione cronometrica, quando scatta la lancetta non c'è per nessuno (è un suo diritto, per carità), ma poi pretende flessibilità da tutti gli altri ("Cosa c'entra che sono arrivata fuori orario? E' mio diritto servirmi di questo ufficio!"... Sì, quando E' APERTO AL PUBBLICO, nè più nè meno di come dici tu nel tuo). Oppure da me chi non viene a lavorare perchè ha "il bambino malato" (tutto il mondo si deve fermare se c'è "il bambino malato"), salvo poi sbuffare e lamentarsi quando è il nostro Liquidatore che ha "la bambina malata". Abbiamo avuto per un po' un Liquidatore giovane, con una bambina perennemente malatissima, non c'era quasi mai. Possibile che nessuno possa fare il suo lavoro quando non c'è? Purtroppo no, e la roba resta ferma là, i sinistri non vengono pagati, e la gente s'incazza. Ma lo posso dire io, che sono sempre qua e tappo i buchi di tutti, non certo quello che - quando ha "il bambino malato" - sta a casa nè più nè meno del Liquidatore, e tutto il mondo aspetta, Clienti compresi.
O forse è solo questione di buon senso, più che di regole vere e proprie; il vivere civile nasce dal buon senso. Quando ci manca siamo costretti ad appendere cartelli ovunque: non buttare le cartacce, non parlare al conducente, non toccare la merce esposta; oppure addirittura le varianti senza "non", quasi un ordine perentorio: chiudere il cancello, lavarsi le mani dopo aver utilizzato la toilette! Basta pensare a come ci piace il mondo, a come vorremmo viverlo, e cercare di fare in modo che rimanga così. Poi per carità ci sono le persone deviate: gente che ammazza, gente che ruba, gente che stupra. Ma davvero queste persone cliccherebbero volontariamente su "le regole sono fatte per essere infrante"? Ciò che fanno deriva da una volontà di infrangere una regola, da una sfida all'ordine sociale, o piuttosto da un impulso animale, basico, barbaro - che non pensa neanche a quello che fa, figuriamoci se pensa al motivo per cui lo fa?

martedì 5 giugno 2012

Un post lunghissimo, per la verità

Tiro fuori dal cassetto un post che avevo scritto un paio di mesi fa, e che poi era rimasto lì, in attesa di rimuginarci sopra. Ora, in virtù di nuovi e più profondi legami con persone che condividono molti miei sogni ed ideali, è giunto il momento di darci una spolveratina.
Ho già accennato in precedenza al fatto che - per par condicio e completezza di informazione - io sono abbonata ai due principali settimanali italiani di informazione e attualità, vale a dire Panorama e L'Espresso. Per leggerli entrambi bene ed a fondo a volte una settimana neanche mi basta, considerando il tempo che posso dedicare alle mie pause per l'informazione scritta - e considerando anche il fatto che ci sono i miei amati libri, e le riviste di tennis, o di arredamento d'interni (che è un'altra mia smisurata passione, lasciata con gli anni solo in germe, ma mai sopita). Nel post in questione, che era “Aspettare la pensione”, non avevo voluto sbilanciarmi con pareri più particolareggiati su una o sull'altra testata, ma oggi sono in vena di confidenze e quindi lo farò: personalmente trovo che sia giornalisticamente migliore L'Espresso, e con distacco anche. Le inchieste de L'Espresso Panorama se le sogna, al confronto sembra un giornaletto da gossip (non che la mia esperienza nel campo dei giornaletti da gossip sia così vasta, ma posso immaginare qualcosina solo guardando le cascate di copertine che affollano ben tre totem dal mio edicolante di fiducia, mentre io divento matta a rovistare per tirare fuori da un buco l'ultimo numero di Arte In). Sono entrambi abbastanza fastidiosamente schierati ognuno con la propria fetta politica, ma ho letto più volte L'Espresso bacchettare uomini e scelte di sinistra - un segno quanto meno di onestà intellettuale - mentre non ho ricordi di aver visto fare lo stesso da Panorama con Berlusconi e la destra. E anche se io sono più allineata con le idee di Panorama, non sono ancora completamente cieca. Bruno Manfellotto, con il quale sono quasi sempre d'accordo, mi piace molto: è pacato, onesto, obiettivo, acuto; anche Ignazi si legge volentieri, ed in cuor mio ringrazio spesso Luigi Zingales, l'unico uomo che mi rende possibile l'impresa di leggere dall'inizio alla fine un articolo che parli di economia, comprendendolo tutto. Per non parlare di Michele Serra, l’adoro, è insuperabile; sta qui la differenza: per farci sorridere un po’ – perché la vita non è solo analisi ed approfondimento geopolitico, per fortuna – L’Espresso ha una pagina di satira formidabile, Panorama due pagine di gossip. E dico tutto. Anzi no, L'Espresso ha anche fotografi più bravi. E poi in coda si alternano - sbecchettandosi fra loro come  due marmocchi petulanti - Eugenio Scalfari ed Umberto Eco, entrambi per me mostri sacri della penna: posso non condividere tutto ciò che dicono o rappresentano, ma ogni loro parola, ogni frase, ogni pagina è per me piacere puro. E anche ogni volta una nuova scommessa, soprattutto con Eco, e soprattutto per me che tendo ad usare la cosiddetta "lettura veloce", ed è evidente che con Eco non puoi perchè non c'è neanche una virgola lasciata al caso, se salti anche un solo avverbio perdi il filo del discorso. Un peso ad ogni singola parola, che bella lettura diventa.
Tuttavia, c'è una cosa in cui L'Espresso proprio non mi va giù, e stona parecchio con il resto della qualità del giornale: parlo della rubrica della posta. Sì, proprio di quelle ultime paginette in cui vengono pubblicate le lettere dei lettori, cioè la parte più inutile e limitata di una rivista rispetto alle rubriche delle firme importanti o alle inchieste, e che invece io leggo sempre con molta attenzione. Perchè mi piace vedere cosa pensa anche la gente normale, l' "uomo della strada", la persona come me, che lavora, paga le tasse, ha sogni, ambizioni, ha famiglia, hobbies; la persona che non vive "dentro" l'attualità politica ma un po' la subisce. Posto che chi firma gli articoli deve esprimersi in un certo modo, mi piace vedere come si esprime l'altra parte della rivista, cioè chi la legge. E dal momento che non stiamo parlando di giornali per ragazzi o di riviste che una volta si chiamavano "femminili", dove trovi ancora la Posta del Cuore per ricevere consigli o quant'altro (del resto, fino a quando ci sarà chi chiede ad un emerito sconosciuto cosa fare della propria vita... "Che faccio? Lo lascio?", come con i tarocchi. E butti nel cesso una storia, una vita, una famiglia perchè te l'ha detto la maga), e nemmeno di riviste settoriali specializzate in cui si chiede un parere ad un esperto, si presuppone che debba essere una semplice raccolta di opinioni da meditare e/o condividere. Pareri un po' meno illustri, ma spesso acuti e pragmatici. Su Panorama è così; su L'Espresso no, c'è una signora che ogni settimana risponde/commenta una lettera. E - inquietante ricorrente coincidenza - io non sono mai e dico MAI d'accordo con quello che scrive! Sembra faccia apposta. Usa spesso vecchi slogan ritriti di sinistra (per le donne, per i sindacati, per i lavoratori dipendenti, per gli omosessuali) che ogni volta mi fanno scricchiolare le belle pagine patinate per quanto sanno di vecchiume superato, e se non fosse per la qualità del giornale lo brucerei. Per fortuna che poi c'è la pagina di Eco.
Ho dovuto fare questa lunga premessa perchè riflettevo proprio su una risposta che questa signora aveva dato ad un lettore circa Facebook. La lettera arrivava da un ragazzo che diceva di avere diciott’anni e firmava con nome evangelico da Apostolo dubbioso, e con cognome doppio; scritta benissimo, mi è venuto anche il sospetto che non fosse vero, magari era una provocazione fatta per dare il la alla risposta. Troppo bravo, profondo nei concetti e preciso con la scrittura: aggiungici un nome/cognome da marchese o conte e già me lo vedo, tra vent'anni, lanciato verso una incredibile carriera da manager, o da filosofo, o da magistrato, o da critico letterario. Un figlio così l'avrei voluto di corsa. Dice che ha chiuso con Facebook, dopo averlo provato (più corretto di me, che ne ho parlato male senza averne avuto esperienza diretta, se non si conta l'obbligo di conviverci ovunque si vada), lo definisce una "malattia della società contemporanea", che "non rafforza le relazioni umane, ma le falsifica". Tutto su Facebook, dal modo di porsi, dal pensiero, al linguaggio,  all'emozione, è falso. "Elimina - dice il mio piccolo genio - proprio quelle diversità che esprimono la nostra vera personalità". Secondo lui questo continuo enorme successo che non vede ancora avvisaglie di cali deriva dal fatto che la nostra è una società "sempre più televisiva", si predilige "l'uomo che appare e non quello che pensa, l'immagine di noi stessi e non il vero sè". Personalmente sottoscrivo in pieno, basta leggere il mio post su Facebook! Mi sono anche chiesta perchè questo fior fiore di bambino avesse scritto alla signora in questione, e vista la chiusa della lettera immaginavo un pronto aggancio per una filippica contro Berlusconi, che in vent'anni ha "televisivizzato" la vita di tutti, sfornando pletore di adolescenti che non puntano più a coltivare intelligenza e talento, tanto basta mostrare un po' di carne ed alimentare un po' di gossip per arrivare dappertutto. Io ho tre tatuaggi ma tutti tribali, magari se avevo anch'io la farfallina a quest'ora ero in consiglio regionale e sai quadri che mi potevo comprare con quello stipendio (e non è così in realtà, perchè chi ha le farfalline e i consigli regionali non pensa a comprare quadri, della serie chi ha il pane non ha i denti. O la sensibilità giusta).
Invece, questo è quello che la signora ha risposto; lo riporto testualmente virgole comprese, e se c'è qualcuno che non mi crede può andare a cercare il n. 11 del 15 Marzo 2012 de L'Espresso e verificare.

"(Facebook) permette alle persone, non soltanto di apparire, ma di credersi diversi da come si è, dà la possibilità di mascherare inibizioni e insufficienze anche ai propri occhi e di mostrare la faccia più funzionale al momento e al ruolo che si sceglie. Su Facebook si è rivoluzionari, sentimentali, cinici, malinconici o provocatori senza verifica e senza pagarne eventuali conseguenze. E' questo il motivo di un successo che non tramonta, nonostante il veloce Twitter e nuove forme di social network. Ma la domanda che oppongo alla sua è: che male c'è? Perchè rifiutare uno specchio dove declinare la parte grandiosa di sè, quella mortificata dalla realtà quotidiana? A dosi omeopatiche il narcisismo aiuta a vivere. E venire riconosciuti e apprezzati per qualcosa che, sia pure studiato e "artificiale", viene da noi, fa bene al cuore. Ma la sua giovanile intransigenza non è disposta a fare sconti alla mancanza di assoluti, in questo caso autenticità e verità. Alla sua età è giusto così".

Che dire? Io lo trovo ALLUCINANTE, dall'inizio alla fine. "Alla sua età"? A quale età è scritto che debbano venir meno gli ideali di autenticità e verità? Io ho passato i diciott'anni da un pezzo ormai, e ancora odio i finti, dal profondo del cuore. Odio le bugie. La bugia, la falsità, il doppiogiochismo: tutte cose che rovinano le persone, le famiglie, le aziende, cose che hanno rovinato la politica, l'Italia. Anche l'arte rischia. E questa qua mi viene a dire "che male c'è?". C'è il male che, se cominciamo anche solo ad ACCETTARE L'IDEA che mentire sia bello, sia permesso, sia "cool" (quanto DETESTO questa parola!), il passo perchè lo si autorizzi anche nella vita vera è GIA' AVVENUTO. Se io mi sento mortificata dalla mia realtà quotidiana è giusto che mi batta per cambiarla, che lotti per migliorarla, che faccia sentire la mia voce contro ogni frustrazione... è aberrante che mi si consigli di rifarmi su una vita virtuale! Anni fa andava di moda Second Life, che rappresentava tutto questo e che io detestavo dal profondo di ogni mio centimetro quadrato di pelle, poi per fortuna non se ne è più sentito parlare; adesso mi tocca assistere alla combinazione Second Life+Facebook. L'invito alla non-verità. La lode al tarocco. E rivolto ad un diciottenne, per giunta.
Caro figlio che non ho avuto, ascolta me invece della signora Espresso. Hai perfettamente ragione tu: esci, vai a mangiarti una pizza con la morosa o con gli amici, e tieni spento il cellulare quando sei a tavola, mi raccomando, perchè ogni loro parola vera che ti perdi l'avrai persa per sempre. Leggi, vai al cinema, vai a teatro, vai a vederti una bella mostra, e discuti, condividi, ama. Magari anche arrabbiati, e tira o prendi qualche sberla: sempre meglio una parolaccia vera che una lode finta. Mantieni sempre viva quella fiamma che ti arde dentro per la verità, e che prima o poi - se farai il mio stesso percorso - arderà anche per la bellezza che nel mondo c'è ancora, basta saperla cercare e mantenere. Io di anni ne ho quarantaquattro (come i gatti), e credo ancora nella gente vera. Mai smesso. Ne ho incontrate di persone false (capirai, faccio un lavoro dove mentire è talmente facile!... A volte spingono palesemente perchè tu lo faccia, ma basta saper dire di no), mi sono tirata in parte e le ho lasciate passar via.
Le persone vere esistono ancora, le riconosci dagli occhi, dalla voce, dalle emozioni che ti trasmettono (e dal fatto che - spesso, anche se non sempre - non sono su Facebook). Lotta per loro! Se abitano distanti puoi sempre usare la posta elettronica, o un sms improvviso, spedito come ti esce dall’anima: non c'è bisogno dei social networks per dire a qualcuno che gli vuoi bene.
La falsità fa male al mondo, e per prima cosa fa male a chi la diffonde. Non si vive bene se si mente. Non credere che io sia perfetta perchè ti dico queste cose, anche io le mie piccole bugie le ho dette (bugie stupide, alla tua età, e un paio di bugie un po' più grosse dopo), e le ho sempre pagate tutte, se non altro nel cuore, perchè se non hai sullo stomaco un pelaccio alto così non cominciare neanche: ti fai solo male. E' inutile che io dica ai genitori che sono in un posto se sono in un altro (cose della tua età): la bugia mi brucerà dentro e non mi permetterà di godermi la serata. O con il fidanzato tradito per sbaglio, è inutile voler a tutti i costi fare le paladine della verità (io e le mie amiche furbette) e volerglielo confessare in nome della "correttezza": balle. Se non lo ami più lo lasci, quella è correttezza; se lo ami ancora non gli dici niente, non ti vai a risciacquare la coscienza per distruggere la sua. Taci, ed il tuo tradimento sarà uno stiletto che ti terrai dentro, conficcato dove fa più male, e stai tranquillo che la prossima volta ci penserai cento volte. Bisogna imparare che ogni cosa negativa apporta conseguenze negative che pagherai, per certo, non badare alla signora. Le bugie corrodono, così prima o poi capisci quanto meglio vivi senza. Impari anche, addirittura, a prevenirle! E ti innamorerai - puntualmente - di chi non ne dice, una, dieci, cento volte.
Io sono una persona abbastanza ambiziosa, caro ragazzo: so di essere brava in alcune cose (mica in tutto, vorrebbe dire in niente, ma in qualcosa sì), e mi piace che mi si apprezzi - non voglio fare l’ipocrita. E' vero, come dice quella signora lì, che "fa bene al cuore". Ma sempre per cose vere, mai "studiate ed artificiali", farebbe solo male, diffonderebbe un errore in partenza. E prima o poi il palco cascherebbe. Sii una persona vera, cerca le persone vere, battiti per loro e per il loro talento, e non cascherà mai.