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venerdì 25 dicembre 2015

Oggi parla.../22

... Giuseppe Ungaretti:

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui 
non si sente 
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare

(Natale, 1916)


Ritorno al silenzio - seconda parte

Per i coraggiosi che si sono sorbiti tutta la prima parte, finendo a parlare di zampette tolte, viro subito sull'argomento "Arte", perchè anche lui ha subito le sue belle trasformazioni, negli ultimi quattro anni della mia vita. La rompo io, la seconda zampetta del tavolino, stavolta. Penso a Paolino Orler e alla sua fatidica domanda: "Avete già avuto il rigetto?", e mi chiedo se intendesse davvero "l'Arte" oppure se, per lui che ne ha fatto un lavoro, l'arte non coincida, in realtà, con il mercato. 
Ho un bisogno estremo, impellente, assoluto, di recuperare l'aspetto silenzioso, ovattato, da Museo, dell'Arte; l'aspetto contemplativo. E trovo una sinistra similitudine tra ciò che vedo diventato, negli ultimi tempi, il Circo Mediatico dell'Arte, e il mondo del calcio. Inteso come il diffusissimo sport in cui dieci scalmanati muscolosi vestiti uguali corrono dietro ad un pallone su e giù per un campo erboso, ostacolati da altrettanti scalmanati vestiti di colori diversi, per cercare di far finire il suddetto pallone dentro ad una porta retata difesa dall'undicesimo compagno, che se ne sta lì fermo in attesa del suo momento. Più o meno, ovviamente; in realtà ci sarebbe da definire ruolo per ruolo i dieci, perchè non tutti corrono nello stesso modo, anzi, alcuni vanno avanti ed altri no, ma l'ho detto per semplificare le cose. Mi piacerebbe leggere i primi trattati sul gioco del calcio, rigorosamente in inglese visto che il calcio (come migliaia di altre cose utili ed interessanti, nonchè di sport praticati a livello mondiale, nonchè le stesse assicurazioni) l'hanno inventato loro, spocchiosi ma geniali, per vedere come veniva descritto tecnicamente lo scopo originario.
Per un lungo periodo, io e mio marito siamo stati veri appassonati di calcio. Non di certo ultras, anche se io, personalmente, complice l'Infame che era uno dei capi ultras a Venezia, ho provato l'ebbrezza, negli anni della Serie A, di due incontri al Penzo nella curva dei pazzi scatenati, e per chi sa com'era fatta la curva del Penzo (vale a dire una struttura ondeggiante fatta di soli tubi in metallo, alta una ventina di metri, senz'ombra di pietre, cemento o altro materiale che ispiri una certa solidità) è facile capire che urlare, saltare, staccare i piedi dal seggiolino e farsi trascinare a mezz'aria dal mare di folla per novanta minuti è davvero un'esperienza al limite del mistico. Nel senso che ti rendi vagamente conto di cosa può essere la morte in agguato, ma non hai tempo di rifletterci sopra. 
Io, juventina giurata in eterno, e mio marito, interista midollare, eravamo appassionati nel senso del termine, che deriva da "passione". Varie esperienze di stadio tranquillo (il primo colpo d'occhio dell'immensità di San Siro gremito all'inverosimile non si scorda mai), panini al bar dotato di maxischermo tutti i fine settimana finchè il colesterolo ringrazia, successivo abbonamento a Telepiù e Stream (Sky ancora non esisteva), con ripristino dei livelli di colesterolo ottimali ma perdita del pathos dato da esultanza da bar con abbraccio a muratori sconosciuti di provenienza Est Europa, ma juventini.

Ricordo che ne avevo parlato anche qui, si vede che l'abbraccio al muratore era un ricordo "intenso":
http://trecose.blogspot.it/2012/03/normalita-e-quando-la-juve-batte-linter.html

Poi, col passar degli anni, ti rendi conto che qualcosa non va: si guarda sempre meno al bel gesto tecnico, al gioco di squadra, alle esultanze, e si parla, si parla, si parla.
A far da contraltare ai ventidue muscolosi scalmanati (che, nel frattempo, sono anche loro sempre meno "sportivi" e sempre più divinità mediatiche, tra tatuaggi, fidanzate, auto di lusso, biografie eccetera eccetera) ha messo radici una vera e propria orda di commentatori, procuratori, opinionisti, esperti, per non parlare delle Gnocche del Calcio (ogni programma di calcio deve necessariamente avere per contratto almeno una Gnocca, la quale anche se parla di calcio - magari leggendo da un foglietto, mi ricordo che all'inizio sbagliavano anche i nomi - è palesemente lì per tutt'altri motivi, in quanto se fosse un cozza terrificante non avrebbe mai ottenuto quel ruolo). E noi ci siamo disamorati del calcio, un po' alla volta. 
E' stata prima una leggera nausea, poi dei lievi conati, e il resto è da lasciare all'immaginazione di ciascuno. Certo, resto juventina nel profondo, sono e sarò sempre preda di una sottile esultanza ogni qualvolta la Vecchia Signora vince: domenica scorsa, ad esempio, stavamo facendo la spesa in Ipermercato sotto ora di pranzo per evitare la folla alle casse, e dagli altoparlanti invece delle solite musichette o delle loro offerte trasmettevano Juventus-Carpi (Ipermercato scelto con cura e dopo mesi di ricerche...). Al goal del 2 a 1 ho avuto un moto di gioia, il classico YESSS con il pugnetto chiuso, e ho spaventato una signora, nella corsia dei detersivi. Che discorsi, al cuor non si comanda. Però preferiamo di gran lunga concentrarci sul tennis, ad esempio, che resiste ancora con quell'aura vagamente da "tempio" (soprattutto Wimbledon o Parigi/RG), dove è impossibile assistere a scene da film gangster, i tifosi più scalmanati sono quelli che si lasciano scappare un estasiato OOOOHHH (mentre gli altri invece osservano in ossequioso silenzio), i commentatori sono a farla grande due, e quando era in servizio attivo la coppia formidabile Clerici-Tommasi ti facevi anche qualche sana ghignata. Grande il Gianni Clerici, lui lo odia il calcio, non mancava mai di ripeterlo, con qualche insulto non sempre velato al becerismo del tifoso-tipo del pallone con gli esagoni e i pentagoni.
Me compresa, se parlava di Juve.
Ebbene, con l'arte io sono arrivata più o meno allo stesso punto. Vorrei esistesse un Wimbledon anche per lei. Mi rendo conto che l'aver sdoganato - tramite da un lato Musei e Fiere di livello, e dall'altro dosi sempre più massicce di televendite - l'arte contemporanea in maniera totale e nazional-popolare (cosa che è assolutamente, di fondo, un bene, perchè il bello e lo studio dello stesso eleva le masse dal succitato becerismo) in realtà ha fatto sì che ora chiunque si senta autorizzato a parlare di arte con cognizione di causa. Anche se è un meccanico, un infermiere, o un impiegato del catasto. Tutte figure, intendiamoci, per cui io ho la massima stima nei rispettivi lavori, ma che a volte dimenticano che, come non ci si può improvvisare meccanici, non ci si può neanche improvvisare esperti d'arte. Bisogna STUDIARE, a fondo, e per anni. Perchè la comprensione dell'arte contemporanea arriva solo dopo la conoscenza approfondita di tutta la storia che l'ha preceduta, e questo è un dato di fatto. Inoltre, lo sviluppo spropositato dei social network e di tutte le piattaforme internet degli ultimi anni, ha fatto sì che chiunque sia in grado di usare un computer si possa infilare ovunque per dire la sua, a volte in modo corretto sia nella forma che nella sostanza, a volte sparando baggianate colossali, oppure (spesso) offendendo, o semplicemente cercando la polemica a tutti i costi, così come l'ultras cerca lo scontro in curva. 
E' successo anche a me su Trecose, molte, moltissime volte. Ci sono stati commenti gentili e costruttivi, condivisione piena di stati d'animo oppure scambi di vedute; e poi ci sono stati, fortunatamente rari, perchè io la polemica la smorzo in partenza, interventi rissosi e assurdi. Ma passi chi mi dice che detesta i pittori che io amo, per carità, siamo in un Paese libero, spero ancora per un po' (anche se non capisco come fanno certuni a dire che Marcello Scuffi è ripetitivo e, contemporaneamente, ad ammirare Morandi). Io non accetto che ci sia chi perde del suo tempo per entrare nel mio Blog per criticare, ad esempio, solo ed esclusivamente il fatto che io scrivo troppo, cosa che peraltro è assolutamente vera! Viste le miriadi sconfinate di gente che scrive nella blogosfera, ritengo logico che chi ama la sintesi si iscriva per commentare abitualmente scrittori di haiku. Ma perchè venire a rompere le balle a me rintuzzando la prosa sciolta, neanche fossi una che lega alla sedia la gente! Libertà, gente, libertà.
E questo lo noto, ripeto, sinistramente, tra i sedicenti appassionati d'arte, non tra gli altri. Tra i miei Lettori Fissi c'è il carissimo Tra Cenere e Terra, che gestisce in maniera mirabile e rarefatta il suo Blog di poesia. Non lo commenta mezzo mondo, ma chi lo fa generalmente è per un pensiero di condivisione, o un apprezzamento, o una nota gentile. Nessun poeta, nessun appassionato di poesia si sognerebbe mai di loggarsi per insultarlo, per dirgli che i suoi pensieri fanno schifo. Se qualcuno mai lo pensasse, semplicemente se ne andrebbe su altri Blog, più consoni al proprio modo di essere, vedere, vivere, sentire. E invece nell'arte contemporanea no, si creano le fazioni, si cerca lo scontro.
Ormai è storia la ben nota polemica ferragostana (con tanto di strascico legale) tra i supporters di Carlo Vanoni e quelli di Giovanni Faccenda, su pagine Facebook che anch'io posso leggere, pur non essendo iscritta a Facebook, perchè lasciate maliziosamente pubbliche. 
Io non entro nel merito di chi è più bravo di chi, ci mancherebbe! Il mio parere personale, comunque, è che 1) una polemica del genere fa male, a prescindere, all'Azienda che entrambi rappresentano, ed alimentarla o quanto meno non impedirla è sicuramente poco etico dal punto di vista dell'appartenenza ad un'unica organizzazione; 2) Giovanni Faccenda fa quello per cui lo pagano: vende quadri in televisione. Ne vende a bancali. Cosa poi dica o faccia per raggiungere lo scopo, ciascuno lo deve valutare e filtrare secondo le proprie attitudini, conoscenze o competenze (il famoso discorso di prima...); è evidente che chi mastica un pochino di pittura vede da sè la differenza tra un nome e un altro. Ma da Orler lo pagano per vendere, e lui vende. Se Carlo Vanoni è pagato per fare gradevoli lezioni di storia dell'arte e non per vendere quadri, questo io non lo so e non lo posso sapere; 3) perchè diamine ci cacciamo tutti ogni volta in questo bouchon? Cosa siamo diventati tutti, dei tifosi che saltano su tubi di metallo? 4) Il mio telecomando ha un tasto che permette di cambiare canale, stando peraltro comodamente seduti, se ciò che vedo in televisione non mi soddisfa... credevo che questa invenzione avesse varcato i confini del Veneto, evidentemente sono una privilegiata.
Recentemente mio marito è stato invitato da un nostro caro amico friulano a far parte di una Chat Whatsapp di gruppo sull'arte; a parte qualche commento estasiato iniziale, gli interventi sono pochissimi, giusto qualche segnalazione di Mostre in corso, tant'è che il mio sociologo scalpita un pochino. Abbiamo cercato di darci una spiegazione in merito, che prescindesse dalla ben nota pragmaticità al limite del mutismo dei nostri cugini friulani, e crediamo di averla trovata nel fatto che, dalle immagini postate, parrebbe che tutte queste persone non conoscano granchè di arte contemporanea (diciamo di viventi, ma anche di post-war, o addirittura semplice Novecento). Sono innamorati della classicità, del Rinascimento, del grande Settecento, e davanti a queste cose non c'è nulla da dire. Si sta zitti. Bocca chiusa, e contemplazione. Storia, tradizione, cultura eterne.
Anche perchè, attenzione attenzione, non esiste alcuno al mondo - neanche il plurinominato "magnate arabo" - in grado di acquistare un'opera di Michelangelo (per indisponibilità economica sua e per indisponibilità di vendita di opere di Michelangelo), e quindi qualunque giudizio non sarà mai falsato dall'aspetto del MERCATO. Dove invece esiste mercato, stravolge tutto. Parliamo di SOLDI, ragazzi miei, soldi, che fanno potere, che fa altri soldi, che fanno altro potere. L'Arte non c'entra un tubo se tutto deve girare intorno ai soldi. Ci sono svariate Gallerie, dotate o meno di canali televisivi (e quindi con più o meno visibilità a livello basico), ci sono svariati venditori, come in qualunque organizzazione che venda merce. E c'è quella immane schifezza che è - da questo punto di vista - internet, dove chiunque sia dotato di un modem si sente una divinità perchè può dire la sua al pari di chiunque altro (anche se uno è, puta caso, un professore universitario con anni di ricerca alle spalle, e uno invece vende automobili, o fa il geometra, o l'assicuratore, mi ci metto in mezzo anch'io, come vedete). 
Se facciamo la somma di tutti questi fattori ci troviamo davanti a uno stadio urlante, curva nord contro curva sud, infiammate solo dal tifo e dagli istinti più bassi. Ben che vada, se non ci sono tifosi, ci sono polemiche fra donnicciole. Artisti che vengono osannati da mandrie di fruitori solo perchè il venditore preferito li osanna, altri invece bistrattati o addirittura insultati per colpire l'imbonitore. 
Sputo un rospo grosso: va bene,  il Giovanni Faccenda venditore può non risultare simpatico a tutti, lo ammetto. Anche io lo preferisco in altre vesti. E' esagerato, istrionico (soprattutto se paragonato alla calma piatta di tanti altri), mi ha anche fatto andare per traverso i tenorini de Il Volo per tutte le volte che li ha fatti ascoltare. Ma che per colpire lui si dica che Armodio non è un pittore straordinario, per favore! Trovatemi chi sa dipingere come Armodio! Parliamo di bravura, solo di quella, non di mercato, di investimenti, di quotazioni. 
Oppure Marcello Scuffi: lo si potrà trovare malinconico nei soggetti, oppure ad alcuni potrà far storcere il naso come persona (politicamente di sinistra e sportivamente interista...), ma come non apprezzare la sua tecnica? Secondo me è uno dei pittori più completi e preparati tra i viventi in Italia, ma visto che è targato Orler, se sei contro Orler sei contro di lui. Se gli eredi di Salvatore Emblema non avessero fatto la cazzata di entrare nell'universo corbelliano, da sempre oggetto di strali, probabilmente oggi si vedrebbero contendere le tele detessute a palate di dollari. E potrei continuare per giorni. Che schifo. Un circo, un circo pompato mediaticamente, dove si grida, ci si agita, ci si insulta, affannandosi alla ricerca del colpaccio e perdendo di vista l'obiettivo dell'arte: bellezza. BELLEZZA. Serenità, pace, estasi, contemplazione, riflessione, emozione. Certo, anche linguaggio, innovazione e comunicazione (diamo ragione anche a Carlo Vanoni!), ma mai curva nord, mai istinti beceri, mai. 
Ecco, io ho bisogno di questo: ho bisogno di recuperare silenzio, di uscire dalle Fiere e dalle televendite, di entrare nei Musei, di aprire di nuovo i miei libri di Storia dell'Arte che sono in garage, nello scatolone post-trasloco con la scritta "Libri università". Non posso fare zapping e scoprire che hanno creato una specie di TeleGaudio, un canale (che in realtà si chiama TV Art Live) dove a qualunque ora del giorno ti sintonizzi c'è sempre e solo lui, G.G., di certo invecchiato ma ancora molto fascinoso, che spazia dal quadro al tappeto al gioiello usando sempre le stesse frasi! Una di queste notti devo provare ad accendere la televisione all'improvviso, io, che fino a pochi mesi fa non mi svegliavo neanche col terremoto; ma sto attraversando quella fastidiosa fase della vita femminile nella quale, durante le notti, sperimento escursioni termiche che il deserto di Atacama se le sogna. Mi alzerò, già nervosa del mio, e troverò G.G. in pigiama che presenta un'opera fondamentale, di un genio che è in tutti i musei del mondo, che non possiamo perdere. Mi fa paura, paura tanta. Chissà come lo alimentano, se ci sono dei sondini endovena nel microfono, se dorme direttamente dietro le quinte, o se ha una serie di cloni numerati in gradazione di abbronzatura. Per questo rompo la seconda zampetta. Non possiamo usare le stesse parole per Paul Jenkins e per il diciottesimo estroflessore; e poi ci sarà chi ha comprato il diciottesimo estroflessore che dà dell'idiota incompetente a qualcun altro perchè solo lui ha in mano il lume della verità, quello che permette l'arricchimento sicuro, quello che non commette errori.
Io so solo questo: Franco Ristori ha iniziato per una nuova stagione la sua serie di Tè, di appuntamenti mensili. L'ultima volta ero lì con lui (era appena scoppiato il Bubbone Banche), e sono entrati due signori un po' attempati che volevano adocchiare qualcosa - per quanto ho capito io, che cercavo di stare discretamente in disparte visto che parlavano di cifre, ma nel frattempo friggevo perchè volevo intervenire e ricordare come a breve la mania cinetica sparirà (è scritto) e torneremo al figurativo, come una ruota che gira eccetera eccetera. Volevano una sorta di bene rifugio, che piacesse e che contestualmente non facesse buttare nel cesso il poco salvato dal disastro-Banca. Mi sono passati davanti i miei lunghi quattro anni di Blog, i venditori di Telemarket, i venditori di Orler, di Vecchiato, di Elite, tutte le Fiere, tutti i Forum più o meno mal/educati. Friggevo, ho taciuto e ho ascoltato.
Ristori non parla tanto, anzi, a volte bisogna tirargli fuori le parole con le pinze, ed è un difetto che gli sottolineo spesso, perchè è importante comunicare, non puoi dare per scontato (o, peggio ancora, sperare) che la gente ti capisca - telepaticamente? - se non lo fai a fondo. A quei signori, però, lui ha detto solamente questo: "Per non sbagliare, intanto scegliete un nome che sia nella storia, che ci sia già nei libri. E poi, qualcosa che vi piaccia da guardare."
Tutto qui.
Smetto di parlare, perchè so che prima o poi, da qualche parte, altre Trecose rispunteranno fuori. Io le troverò, e voi mi troverete.

Ritorno al silenzio - prima parte

All'inizio mi era balenata per la testa l'idea di cominciare con qualcosa tipo "Cari amici vicini e lontani"; insomma, suppergiù. Però è pur sempre la frase famosa di un morto, magari non mi porta bene, e io invece voglio tanto che questo ultimo post abbia una buona, bella stella sopra, una stella con la coda luminosa, che fa tanto natalizio. 
Ultimo, sì, almeno per questa prima parte della mia vita, anche perchè non aveva senso lasciare Trecose lì tutto solo a languire, in uno stagno d'inedia, dopo quell'estivo post fugace con le fotografie dei cartelli strani. Io sono una molto meticolosa, mi piacciono le cose fatte bene: dopo tutto, Trecose è nato il giorno di Natale di quattro anni fa, per permettere alla mia vena scrittoria di lacerarsi e fluire fuori impetuosamente, portando con sè, fuori, anche qualche chilo di malinconie, tristezze, delusioni & affini. Trovo particolarmente simbolico riuscire a pre-pensionarlo (di questi tempi, una vera fortuna!) esattamente un nuovo giorno di Natale.
Che poi, a dirla tutta, visto che sono partita a ruota libera e parlo col cuore in mano, è come un cerchio che si chiude, in tutti i sensi ed i segnali del caso: l'avevo aperto a causa di una persona a cui avevo dato molto e che mi aveva ferito molto (scusate se rido, ero IO un'altra persona all'epoca,  se mi ricapitasse adesso la stessa situazione farei spallucce e lustrerei la corazza... anche se non sono sicura che sia un bene, per quanto inevitabile, diventare così cinici con l'età), e che da quel momento lì non avevo più rivista nè sentita. Fino a poche settimane fa. 
C'è stato giusto un rapido scambio di messaggi via Whatsapp (nemmeno Whatsapp esisteva diffusamente qua da noi, quattro anni fa) perchè la sua vita è giunta ad una svolta, ed evidentemente ha ancora il mio numero, come del resto io ancora ho il suo, senza fare gli ipocriti. Quattro frasi di convenienza (usa ancora sempre le stesse parole, ho notato, "ti" abbraccio, "ti" bacio, così personali e probabilmente così copia/incolla), quattro in croce, sul tempo, su figli e nipoti, sul futuro, che mi hanno fatto passare davanti agli occhi quattro anni in un attimo, velocissimi: li ho proprio visti a fotogrammi, come una pellicola da film sfumata sui bordi, come raccontano quelli che sono stati dichiarati clinicamente morti per un momento e poi sono stati acciuffati per i capelli e ricondotti alla vita. Il male cane che provavo, la decisione di mettermi a scrivere in un diario on-line, io che il computer lo odio e a parte Word e poco altro neanche so come si usa, la mia anima che ne esce fuori, i primi lettori incuriositi, le prime condivisioni, e poi improvvisamente quel lieve rigagnolo è diventato un fiume in piena, dentro di me. 
Dal punto di vista professionale, pian pianino è iniziata una mezza catastrofe (mica solo mia, è la stessa che ha colpito tutti i professionisti dei servizi negli ultimissimi anni, dopo che nei precedenti erano stati colpiti produzione e commercio, ma del resto è una ruota e si sapeva che doveva arrivare anche a noi, mica siamo l'oasi felice). Una mezza catastrofe che ha portato ad uno sprofondamento drastico e a decisioni importanti, dolorose. 
Dal punto di vista della mia passione per l'arte, al contrario, un'impennata vorticosa: Giovanni Faccenda che scopre che so scrivere, che pubblica roba scritta da me, che mi fa conoscere Armodio (ad esempio, ma non solo), l'Annamaria Brizzi che in diretta TV dice che mi sente come un'amica pur non conoscendomi, e poi quel famigerato post sulla mia avventura con Cagnola, che ha fatto un gran  casino in giro per mezza Italia, e per chi continua a chiedersi se hanno sporto denuncia: no, non hanno sporto denuncia, almeno non fino ad ora, ma dubito che possano farlo visto che ho scritto verità inconfutabili e comprovate. L'importante è cercare di essere corretti e divertenti, e mai polemici o rancorosi, comunque. La polemica e il rancore attirano gli avvocati come topolini sul grana grattugiato. Di sicuro un po' mi dispiace, perchè hanno avuto cosette interessanti, nel tempo, da Cagnola, ma non me la sono più sentita di alzare il telefono per farmi portare a casa qualcosa, credo che il mio nome sia finito in cima alla loro Lista Nera, come quella che hanno ben in vista i ragazzi dei tappeti da Orler, per la gente che ti fa andare dal Veneto fino in Provincia di Agrigento per poi dirti che "il tappeto è troppo blu" oppure "no, grazie, ma in salotto non ci sta" (misurarlo sempre prima, il salotto, magari!). 
L'arte che diventa la tua vita, la tua vita che diventa arte. Conoscere gente che mai avresti pensato, uno fra tutti il Maestro Franco Ristori da Firenze, uno generoso, uno che è in grado di cambiartela, la vita, se glielo lasci fare, con un filino di follia. E poi tanti commenti, veramente tanti, sia da gente sensibile e preparata come da chi non sa dove abiti il rispetto (e i congiuntivi), ma se ci siamo incrociati in un determinato punto e in un determinato momento delle nostre vite, anche con gli sgrammaticati, un motivo c'era, ed è stato bello così. Conservo il libro sulla vita di Schifano che mi ha regalato, facendomelo arrivare a sorpresa in ufficio, il primo Natale, Michele (che ora immagino chissà dove all'estero, come quasi tutti quei bei cervelli italiani di trent'anni), così come i tre libri del fine pensatore Antimo Mascaretti, che un pochino invidio, perchè anche se con sofferenza lui può davvero (per età, possibilità, situazioni) scegliere di isolarsi dal mondo e vivere di pittura e di rose, mentre io no, almeno così dice la Busta Arancione.
Anche se io e la persona dei Quattro Anni e delle Quattro Frasi, con ogni probabilità, non ci risentiremo più (quanto meno per i prossimi quattro, questo è sicuro), a quel punto ho realizzato che era ora di chiudere una porta. Non è detto che non ne aprirò un'altra, un giorno, anzi, direi per certo che lo farò, sotto un'altra veste. Ma questa qui andava chiusa, principalmente per due motivi che voglio spiegare bene a chi mi legge e ha pazienza, per capire che non è una decisione presa con leggerezza, ma ci ho riflettuto sopra. 
Innanzitutto, premetto che non potrei mai lasciare Trecose in mano ad altri. Dico questo perchè qualche mese fa si è aggiunta tra i miei Lettori Fissi una signora incredibile che si chiama Nella Crosiglia, di cui io peraltro non sapevo manco l'esistenza (e ci mancherebbe, noi blogger siamo milioni, e presumo che abbiamo tutti vite molto impegnate); è tipica del mondo dei blogger 'sta cosa: tu mi incroci, mi commenti, ti iscrivi tra i miei lettori, mi inviti a leggere il tuo Blog, e io ricambio e mi iscrivo tra i tuoi. Di solito la cosa finisce più o meno qua. Ma siccome io sono curiosa e testarda come una scimmietta, il "di solito" mica mi basta. Sono andata a cercare per il web chi cavolo fosse Nella Crosiglia, lei e il suo smodato amore per i cani, soprattutto quelli soli e tristi nei canili, e per la musica di ogni tempo (un connubio pazzesco e intrigante, e parla una che scrive di assicurazioni e di arte!), lei che ha ben oltre millecinquecento - vederlo scritto per esteso fa un certo effetto, eh - Lettori Fissi, che non sono propriamente come gli amici virtuali di Facebook, sono gente-che-legge-e-scrive-e-pensa. E lo fa CON TE. Un numero impressionante, meritava accurate ricerche; ho così scoperto che il suo Blog in realtà non era suo fin dall'inizio. L'ha "ereditato" da un'altra signora che non lo poteva/voleva portare avanti, che lo stava insomma lasciando morire d'inedia, che lo trascurava, perchè sono cose che capitano, se non hai una minima quantità di ore al giorno da dedicarci. 
Nella l'ha preso con sè, come un cucciolo da un canile, l'ha fatto crescere in maniera spaventosa, e senza cambiargli nome; semplicemente, travasando se stessa dentro quel che già c'era. Se da un lato ammiro il suo risultato, dall'altro mi fa tremare: io non potrei mai, e sottolineo mai, lasciare la mia creatura in mani altrui. Chissà se sono io che sbaglio, magari anche sì. 
Però è giusto il ragionamento: se non lo coltivi, o lo lasci a qualcuno o lo chiudi. E qui veniamo al punto: come tenere aperto un Blog che si chiama TRE-Cose-che-so se sparisce la prima delle tre? Impossibile. 
Notizia bomba, ad ogni modo; pare che ci stia riuscendo, e lo dico incrociando le dita, perchè non abbiamo ancora firmato niente, però direi che siamo a buon punto. Lo sviluppo della cosa è stato strano e buffo: era ben oltre un anno che avevo ufficialmente chiesto alla mia Mandante se aveva bisogno di un Agente da qualche altra parte, perchè valutavo seriamente l'idea di andarmene da questo Veneto uggioso, arrabbiato, perennemente di corsa e insoddisfatto, ma il mio Ispettore Commerciale - che non è più Zelig, per chi si ricorda dei miei post con Zelig, ma un distinto, pacato signore dalle tempie bianche e dal cuore gentile - credo ritenendo di farmi complimento gradito, mi aveva risposto che preferiva non perdermi - io Agente così bravo e onesto - dalla sua zona operativa (alle tempie bianche e ai cuori gentili noi Agenti perdoniamo qualche pietosa bugia). 
A volte le Mandanti non riflettono bene sul fatto che, se ti chiedo di trasferirmi altrove e mi dici di no, finisce che vado via lo stesso e magari sotto un'altra Mandante. Io sono andata ben oltre: non voglio più sentir parlare di assicurazioni. Misura colma, strabordante. Direi che si capiva abbondantemente, dai miei ultimi post in materia: potrei tirare avanti un annetto o due, ma visto che la mia Busta Arancione pone l'asticella diciamo tra più o meno un ventennio, dovevo dire basta. 
Basta a un mondo di iper-burocrati che ti spalma dieci circolari in ostrogoto a settimana, e ti parla e ti aiuta solo ed esclusivamente via ticket informatici. Basta a un settore in cui l'Assicuratore è sempre il cattivo e il Cliente sempre il buono, che anche per una questione di statistica non è possibile, o suvvia! Basta alle Compagnie, da un lato, che straripano di soldi per eventi, sponsorizzazioni e pubblicità, e poi cavillano sui cento Euro di un sinistro che ti fa perdere il Cliente. E basta, dall'altro lato, al Cliente che pur non capendo un'emerita cippa di assicurazioni (me lo tatuerei col sangue e lo ripeto: il 90% delle persone con cui parlo di assicurazioni e che crede di sapere tutto di assicurazioni in realtà infila una boiata dietro l'altra, un luogo comune dietro l'altro) si erge a so-tutto-io e rifiuta di affidarsi a un professionista serio. Basta all'Esperto. Basta a quelli della tiritera "c'è la crisi" per lacrimare sui dieci Euro di sconto, che poi trovi nel resort di lusso. Basta a chi si lamenta che i figli non trovano lavoro, ma poi fa tutto on-line (allora i tuoi figli falli assumere da Amazon e stai zitta, bella mia). Basta ai cialtroni, che quando ti sei sbattuta tre giorni di telefonate e un richiamo formale dal tuo Ufficio Sinistri per incaricare il Perito la notte di Natale, neanche capiscono di cosa parli e ti dicono che il carrozziere si è appena trasferito dall'altra parte della città. Basta alla cultura del risparmio a tutti i costi, che uccide la cultura della previdenza e della prevenzione.
Se tutto va come deve, tra due-tre mesi la mia Agenzia verrà accorpata in un'unica, grande realtà, assieme ad altre due. Mi do un anno di tempo, dodici-mesi-dodici, l'ho promesso ad una persona che se lo merita, una persona che ha ancora dei valori come i miei: una faccia di cui non vergognarsi e da mettere sempre sul piatto, unitamente all'impegno, e alla serietà. Una persona che, pur non conoscendomi, mi ha detto: "Lo faccio perchè credo che se io ti aiuto a realizzare questo tuo sogno, forse un giorno incontrerò qualcuno che mi aiuterà a realizzare il mio", e a quel punto io gli avrei messo in mano le chiavi di casa, non solo dell'Agenzia.
Il prossimo, sarà un anno in cui cercherò di fare in modo che i miei Clienti più cari si affezionino a queste persone nuove, e possano - un domani - dimenticarmi, anche se in fondo solo a pensarlo mi fa venire da piangere. Un anno in cui cercherò di trasmettere tutto lo scibile che ho maturato in venticinque anni di gestione agenziale (uno scibile molto prezioso, di questi tempi, un sapere che va oltre la mera vendita) ad una decina di signorine volonterose ma disorganizzate, per vedere se magari, tra di loro, trovo un paio di "me" da far crescere. Che sfida. Mi stancherò come una bestia ma probabilmente mi divertirò anche. E poi si vedrà, se dovesse tornarmi la voglia potrei anche decidere di ripensarci e restare. Per ora la vedo dura, e se togliamo una zampetta delle tre al tavolino di Trecose quello viene giù. 
E adesso passiamo alla seconda zampetta.